Lo incontro, a qualche decina di metri dal Cantierino, uno dei sei sloggiati. Sta insieme ad alcuni connazionali che vendono la loro mercanzia nel piazzale antistante la Coop, sono loro quando chiedo al gruppetto se qualcuno stava al Cantierino ad indicarmi il ragazzo. Mi colpiscono i suoi vestiti curati, mi aspettavo che uno in uscita da quella specie di spelonca avesse un aspetto più trasandato e invece ...
Raccolgo per sommi capi la storia di Vayé: ha 22 anni, è educato, gentile, parla un buon italiano. Ha lasciato il Senegal appena terminati gli studi, nel 2011 è sbarcato ad Ancona presso un parente.
Vayé prometteva bene come calciatore ed ha trovato subito un ingaggio in una squadra marchigiana con qualche ambizione, ma dopo un anno si è distrutto completamente un ginocchio ed ha smesso di giocare. Dalle Marche si è trasferito in Val di Cornia per lavorare - in campagna ci dice - e dove è rimasto per due anni, poi il lavoro è finito anche lì, e allora si è improvvisato venditore ambulante da questo lato del canale.
Ti aspetteresti in uno che non sa se e dove andrà a dormire stasera, un animo un po' incazzato o almeno un po' di risentimento. Invece il ragazzo dice di non avercela con i Carabinieri né con chi ha evidentemente sollecitato il loro intervento, però dice: "Sei un giornalista e puoi parlare con il Sindaco"
Certo che ci posso parlare, ma per chiedergli cosa? Lo brucia uno dei suoi connazionali: "Per chiedergli se ci aiuta a trovare una casa, una casa dove si paga - tiene a precisare e ripete - una casa dove si paga". Vayé annuisce.
Certo che glielo dico, subito glielo dico.
Caro Mario
Lo sai cosa mi è venuto da pensare? Che se tutti i nostri ragazzi avessero la civiltà di modi di questo ventiduenne senegalese e la metà della sua voglia di lavorare saremmo messi un po' meglio. Ma questa era una digressione, veniamo al punto.
Non discuto l'opportunità di chiudere luoghi insalubri e pericolosi come quelli in cui alloggiavano Vayé ed i suoi compagni, ma anche murando le tane il problema dell'umanità dignitosamente dolente che vi albergava resta. E non si possono risolvere i problemi esportandoli, facendo prendere loro il vapore. I "disperati" costituirebbero un problema per altri amministratori, magari già alle prese con simili difficoltà dello stesso ordine o maggiori.
Ora se è difficile arrivare alla soluzione richiesta davanti alla Coop "la casa dove si paga", dove puoi fare poco, se non chiedere un atteggiamento collaborativo dei detentori privati di appartamenti, più accessibile sarebbe una soluzione che tamponi le emergenze.
Il patrimonio immobiliare del comune (recentemente implementato) è a dire poco vastissimo e sempre più costituito da enormi scatoloni cementizi desolatamente vuoti. Sarebbe fuori di logica o insopportabilmente costoso attrezzare (come in parecchi luoghi del mondo civile) un pubblico dormitorio, sorvegliato, regolamentato, anche utilizzabile a tempo determinato ed affidato magari in gestione al volontariato? Non sarebbe almeno un disincentivo della creazione di altri luridi accampamenti? Pensaci Mario.