Mi ricordo con esattezza in che giorno accadde era il 6 di gennaio del 1962: stavo passeggiando e chiacchierando con Francesco Sotgiu sul molo davanti alla Porta a Mare (ora detto Molo Elba) dove ancora attraccavano le "corvette" il "Portoferraio" e il "Porto Azzurro" che ci portavano in continente.
Il molo allora era stato guarnito di una specie di lungo parabordo di legno massiccio di una quarantina di cm., e non so perché mi venne la pensata di camminarci su, ma al secondo passo il legno rivelò quanto scivoloso fosse e, pluff! caddi in mare.
Immediatamente Francesco mi porse un braccio per aiutarmi a risalire sul molo, ma commise l'errore di poggiare anche lui il piede su cui faceva forza sul parabordo, il risultato immediato fu che un attimo dopo eravamo in mare in due. A fatica e appesantiti dagli abiti, visto che non c'era nessuno intorno in quella mattinata invernale, ci tirammo poi finalmente in secco.
Fuori dell'acqua si stava peggio che che in mare, faceva un freddo becco e ci mettemmo a camminare subito, zuppi come due savoiardi, con le scarpe che facevano ciack ciack, verso le rispettive case, che non erano per fortuna distanti (la sua in piazza Cavour la mia in Via Guerrazzi). Imboccammo la Porta a Mare e la situazione diventò peggiore, con una lama di tramontana che ci arrivava spietata in faccia.
"Voi due - ci sentimmo apostrofare da dietro le spalle - venite qui!".
Ci bloccammo e ci voltammo, a parlarci era un moto medico che, senza indugio, ci dispensò il suo prezioso clinico consiglio: "Andate subito a casa, asciugatevi e scaldatevi, sennò vi viene un accidente!"
Riprendemmo a camminare mentre Checco (che soffriva di una leggera balbuzie acuita nell'occasione dai brividi di freddo che lo squassavano) commentò: "Pe-perché seeeecondo lui do-dove s'andava?"
L'episodio mi ritorna in mente a più di mezzo secolo di distanza ogni volta che sento qualcuno - che so in occasione di convegni e assisi, spacciare magari con l'aiuto di slide e istogrammi, conditi da un po' pleonastici anglicismi (consigliere poi le spiego) delle preziose originalissime diagnosi dei nostri mali e delle terapie rivoluzionarie per la nostra economia. "Occorre migliorare i collegamenti" "Bisogna valorizzare il nostro patrimonio culturale" "E' necessario puntare (ma no!) sulle risorse ambientali" anche se poi le indicazioni concrete sul come arrivarci (le grandi menti non possono perdersi in dettagli...) sono scarse e fumose.
La differenza sta sostanzialmente nel fatto che l'illustre clinico di allora ci dette il consiglio di asciugarci, visto che eravamo bagnati, senza presentarci una parcella, costoro invece battono cassa ed anzi ribussano a denari, dicendo che, per meglio oliare le loro meningi, di soldi ce ne vogliono di più.
Hanno un muso, avrebbero detto gli antichi ferajesi, che ci rimbalzano i palanconi greci.
Ma a proposito di adagi locali è opportuno ricordare anche che: "...alla gallina ingorda gli si stiantò il gozzo".