Anni ’70: il corteo si muoveva per le vie di ferajesi molto composto, il suo carattere era unitario, e si era deciso di parteciparvi senza simboli di partito, ma quando giungemmo nei pressi della Porta a Mare, la consegna fu rotta da una voce, amplificata da un megafono portatile, fastidiosamente gracchiante, che ripeté per cinque o sei volte un conato di slogan, assolutamente non condivisibile, sia perché privo di metrica, ritmo, che per lo sgangherato, decontestualizzato “messaggio” politico:
COMPAGNI E’ L’ORA – DI VEDER SCORRERE - IL SANGUE DEI PADRONI!
Avevo accanto Uberto Lupi il quale, dopo aver squadrato il “rivoluzionario”, ridendo mi chiese:
“O questo trucibaldo da dov’esce?”
“So ‘n cazzo!” fu la mia sintetica risposta.
Poi ebbi modo di fare la personale conoscenza dell'accoltellatore da megafono, ma colto da un attacco di buonismo notturno, taccio il nome di chi fosse, e chi oggi, assai meno bolscevicamente, sia, il megafonista incompreso (fornisco solo l’indicazione che è del PD) che però è rimasto per me paradigmatico.
Tutte le volte che mi capita di scrivere qualcosa di particolarmente duro o di tranchant, rileggendo quello che ho scritto, sono colto da un dubbio, quello di aver esagerato e di gettare parole non condivisibili al vento, come lo sganasciato slogan del tizio come quella voce a cui nessun altra faceva compagnia
E Ultimamente mi sono ritrovato – come mai mi era accaduto – a sparare ad alzo zero sui primi cittadini elbani (se questi so’ i primi feguramoci l’utimi – avrebbe detto Tardò) ed ho temuto più di una volta di essere caduto in peccato di “megafonite solitaria” o “sloganite isolata”.
Di solito però lo stare in tali ambasce dura poco, giusto il tempo di pubblicare, e per quanto impietose siano le parole che scrivo, dopo un po’ sento un’altra voce che si somma alla mia, e poi un’altra… un’altra ancora… e via così.
Ricordo che quando ero militare per chi “marcava male”, c’era sempre il rischio del “gavettone” (deprecabile usanza di interrompere con una vile secchiata d’acqua l’altrui pacifico sonno) che di norma, per colmo di cattiveria, era preannunciato da un “dormi preoccupato”
Ecco le voci, assonanti o dissonanti con la mia, comunque critiche nei confronti di lorsignori, sono così numerose che, fossi nelle mutande loro, dormirei preoccupato.