Ne troverete, o ne avete già trovati, altri, di ricordi del campione olandese Johan Cruijff.
Roba seria, dettagliata, documentata: episodi, aneddoti e ogni quant’altro volto a celebrare, giustamente, la carriera e la grandezza del personaggio.
Ma volare con la fantasia, forse, conta ancora qualcosa.
E allora mi va di rendergli omaggio così, dal basso, che più basso non si può, dalla polvere e dal fango delle panchine dei campi terrosi che furono.
Il riferimento è, ovviamente, al Carburo e alla Bricchetteria.
Poche righe, ma sentite profondamente.
Quando ero un bambino, un adolescente ed un ragazzo, giocavo nelle giovanili dell’Audace.
La trafila l’ho fatta tutta, dai pulcini alle soglie della prima squadra.
Scarso non ero, ma gracilino sì ed ogni tanto finivo in panchina.
Quando accadeva ero deluso e rammaricato, com’era normale che fosse.
Ma, le volte che capitava che mi venisse assegnato il 14 (che neanche era il mio numero preferito), il mio umore cambiava drasticamente.
Guai ad esternarlo però, sarei passato per matto, me lo tenevo per me……. sognavo ogni volta!
Sognavo l’accostamento col “tulipano”: stesso numero di maglia, stessi colori, il bianco e il rosso.
Per quelle partite rimanevo comunque un panchinaro, ma vuoi mettere…...
Che poi, in un certo senso, il sogno si materializzava davvero, in un’altra veste, molto più pratica.
Perché vivere il sogno indossando quel numero, su quei colori, addolciva, come per incanto, l’amarezza di non far parte dei titolari.
Nel mio piccolo, come posso non essere grato a Johan Cruijff?