Il 10 settembre, l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) promuove la giornata della prevenzione del suicidio, una riflessione sulle cause che, ad un certo punto e per un numero crescente di persone sempre più giovani, fanno sembrare plausibile porre fine al ‘male di vivere’.
Questa ricorrenza cade in un’isola (che festivaleggia se stessa in maniera autoreferenziale) nota agli addetti ai lavori per il triste primato dei casi di suicidio in rapporto alla popolazione; vale forse la pena quindi ragionare in termini ‘politici’ e istituzionali, di questa emergenza sociale che ci tocca, fuori dallo scontato e circoscritto pathos che tutti coinvolge (per un po’) dopo l’ennesima e tragica notizia di cronaca.
Un intervento sanitario qual’è quello di igiene mentale, ovviamente, esiste anche presso questa Asl ed è molto utilizzato; tale situazione di ‘domanda alta’ è nota da tempo e, per la sua importanza sociale (qualitativa e numerica) richiederebbe ad esempio di istituire subito un gruppo di lavoro (basta con i tavoli…) sulla salute mentale che coinvolga tutti i soggetti disponibili (Asl, Comuni, Scuole, Sindacati, Volontariato…) e che sforni rapidamente progetti che siano impegni per tutti i partner coinvolti.
C’ è bisogno di una spinta che parta dagli enti pubblici e unisca le forze per dispiegare ulteriori azioni concrete e condivise di prevenzione del disagio mentale, azioni che sappiano incidere preventivamente sulle diverse cause, materiali e non, del malessere.
Il ruolo della cultura, agìta come fattore di coesione sociale, è sicuramente uno dei terreni di azione decisivi sul quale progettare e fare, destinando a ciò risorse significative soprattutto verso i giovanissimi ed i giovani (cinema, teatro, laboratori lettura ecc) in relazione con le scuole e le famiglie. Le precarietà materiali del lavoro e dei costi per l’abitare, com’è stato detto e ribadito, sono altri fattori da tenere sotto controllo.
Proprio perché non esistono facili ricette o cause univoche da scovare e quindi rimuovere, il fenomeno che colpisce così duramente, da anni, la terra dove viviamo, ha la necessità di essere affrontato in quanto tale e con grande determinazione.
Cari lettori, siamo convinti che nessuno tra quelli di voi che (non scoraggiati dalla durezza e dalla scomodità dell'argomento) hanno seguito fin qui il ragionamento - magari condividendolo - si sia accorto che quanto qui scritto e datato 10 settembre non è proprio fresco di giornata, ma è la copia pressoché integrale di un articolo apparso su Elbareport il 10 Settembre 2006 - "appena" dieci anni fa - a sigla CR.
Potremmo finire qui, lasciandovi a ragionare sul fatto che, se un articolo di denuncia di un disagio reale e di proposta di azioni di contenimento (non) praticate dalle amministrazioni, appare "fresco" a distanza di 10 anni, vuol dire che nulla su questo versante è cambiato, e anzi se è mutato è mutato in peggio, perché anche chi si impegna (sia chiaro lodevolmente) nella "resistenza sanitaria" dell'isola, non pone molta attenzione a questo particolare versante della salute, non si è accorto che il territorio isolano sotto il profilo della potenzialità terapeutiche dirette (in strutture come ospedale e CSM), abbia visto indebolire i servizi, per non parlare di quelle indirette, esercitate dal complesso della società e delle istituzioni insulari, che sono assenti.
Ma vogliamo continuare a chiosare osservando (e citando un altro antico pezzo), che con il calare della stagione, con il progressivo "spengersi delle luci del baraccone", i fenomeni di disagio mentale (anche con tragici esiti) vanno da sempre incontro ad un periodo di recrudescenza, come in un collettivo effetto "down" dopo il tempo dell'euforia.
I "tavoli" servono ancor meno di dieci anni fa, se non sono almeno accompagnati da una presa di coscienza che la cartolinesca isoletta Verde&Blu, è vissuta da troppi di noi come quotidiano inferno, scandito nel quotidiano, dall'abuso di sostanze psicotrope, dallo stare male intimo e dalla vergogna di ammetterlo, dal "far finta di essere sani" per continuare a citare.
I tavoli servono se ci si arriva con idee e investimenti, se ci si arriva non per "apparire preoccupati" di un problema o per negarlo benaltristicamente, ma se davvero si vuole rendere più vivibile questo posto per dodici mesi l'anno e agire di conseguenza.
Scusate l'A Sciambere anomalo e poco allegro .. ma ci pare ci sia proprio poco da ridere.