Cari lettori visto che avete mostrato di apprezzare le storie di altri tempi ve ne propongo un'altra, certo meno scanzonata dell'ultima che parlava di cazzotti e scherzi da prete, ma ugualmente cronachisticamente vera.
La storia di un bugigattolo in centro storico, a due passi dalla Biscotteria, che contava meno metri quadrati delle lettere artigianalmente vergate sulla "targa" di cartone incollata sulla porta: "ARCI - Circolo Culturale Antonio Gramsci"
Una minuscola stanza sì ma che spesso si riempiva di gente che ragionava in grande, in un "cantiere culturale" la cui anima era costituita da una coppia di ragazzi che superavano a fatica, in due, il mezzo secolo di vita , supportata da un vivace gruppetto di "bimbi" pure più giovani.
Un insieme che riuscì in pochi mesi a produrre una mole spropositata di studio, raccolta testimonianze, iniziative, elaborazione di testi (qualcuno sta ancora in libreria) reggendosi economicamente solo sui modesti contributi dei soci e sulla munifica donazione di 25.000 lire mensili da parte del PCI.
Ma il circolino si trovò anche ad impegnarsi su un fronte referendario, in una battaglia che ormai il giudizio della storia legge come uno scontro tra la modernità civile e l'oscurantismo, il tentativo perpetrato dalla DC più chiusa e bigotta, capeggiata da Amintore Fanfani (appuntatevi il nome) di cancellare la Legge sul Divorzio, approvata da appena tre anni a fine 1970.
Andò a finire che il 12 Giugno 1974 una larga maggioranza (60 a 40 circa) del popolo italiano (che quel referendum lo votò sfiorando il 90% degli elettori - una cifra oggi da capogiro) sfanculò allegramente Fanfani, Almirante, e, sia detto con il rispetto dovuto, pure Vaticano e Chiesa che li supportavano, nel tentativo di annullare una delle conquiste civili e democratiche più importanti della storia del nostro paese. A onore del vero a quello straordinario risultato contribuirono molti cattolici ed elettori sia della DC che dei post-fascisti del M.S.I., che disobbedirono ai loro capi spirituali e politici, ma torniano in quella stanza.
Dovete sapere che in quanto ex negozio il locale (oggi tornato appunto alla sua più consona funzione commerciale) era dotato di una vetrata che occupava buona parte della parete (per questo ci si crepava di freddo l'inverno ma in compenso si bolliva d'estate) e fu Patrizia (la creativa dei giovani "capi") ad avere l'idea di trasformarla nella "vetrina della democrazia", realizzando un collage di NO di ogni dimensione e colore ritagliati da manifesti locandine e quantaltro che la copriva quasi per intero. In quei tempi alle parole scritte la gente faceva molta attenzione, e quella gragnuola cromatica di NO faceva davvero effetto ed allegria
Andiamo avanti: qualche mese fa ad una giovane leonessa della politica alla domanda postagli sul quanto aveva inciso nella sua formazione il pensiero e l'opera di Enrico Berlinguer rispondeva - tomo tomo cacchio cacchio avrebbe detto Totò - che la sua figura di riferimento era piuttosto AMINTORE FANFANI, sì lui quello che avrebbe lasciato i cittadini italiani (anche voi contemporanei che mi leggete) senza la facoltà e il diritto di poter divorziare.
Orbene il 4 dicembre gli italiani andranno a votare un altro referendum molto importante, quello sulla revisione di 47 articoli della Costituzione che qualcuno a ragione (a mio personale ed opinabile giudizio) ha definito una "Schiforma" .
Ma non temete cari lettori, questo altro profluvio di parole con le quali vi investo, non sarà aggravato dalle ragioni personali del convinto NO su cui apporrò la matita. Mi limito ad una osservazione.
Il "conato di riforma" che ci viene proposto di approvare, porta una prestigiosa firma, proprio quella di Maria Elena Boschi, la giovane leonessa che cantava le lodi dell'oscurantista Fanfani (!) e snobbava Berlinguer. Meditate cari residui compagni di allora, che vi siete imbarcati su questo sgangherato carro.
Chiudendo, tra i colpi più bassi e meschini di questa campagna elettorale c'è stato l'abusivo arruolamento post-mortem nelle schiere del SI, di tutta una serie di personaggi che in tutt'altro contesto e con diversi scenari costituzionali ipotizzabili, si espressero per l'abolizione tout court del senato o per la sua trasformazione in una vera camera delle regioni (e non per la creazione del pasticciato senaticchio di non eletti partorito dalla eccelsa mente della fan-fanfaniana Boschi): Berlinguer, ingrao, Nilde Iotti ed infine la povera Tina Anselmi, offesa anche dalla pubblicazione nell'accorato addio pro-SI dell'immagine di Nilde Iotti come fosse la sua.
Beh allora un colpetto sotto la cintura (modesto) voglio darlo anche io, ricordando la ragazza che appendeva i NO multicolori alla vetrina della democrazia, che anche lei - purtroppo e troppo presto - se ne è andata, ma se ci fosse ancora sarebbe lì, a studiare come convincere la gente con argomenti, ma anche con ironia e con un sorriso, a chiedere di difendere la Costituzione, quella vera, da questo attacco, e, come allora, a votare NO.
E se ve lo dico io, che un po' l'ho conosciuta, potete crederci.
Sergio Rossi