Domenica 13 novembre la signora Elena Traverso ha mandato in redazione un commento al mio precedente articolo. Ne trascrivo il testo (senza modifiche) per coloro che non l'avessero letto.
«Che bello che riteniate un mio commento su Facebook così importante da dedicarVi un articolo. A casa mia si definisce " avere buon tempo ". Consiglierei al prof. Berti di approfondire gli studi non solo su internet , ma anche nelle sedi competenti . Evidentemente Lei non sa davvero chi sono io, ma non nel senso arrogante che vorrebbe attribuire a questa frase, ma perché proprio non lo sa.
È vero che sono simpaticamente soprannominata " pasionaria" per la passione che metto nella mia attività politica ed è assolutamente vero che sono stata in consiglio comunale a Verona - così come prima in circoscrizione . Dati che peraltro sanno tutti , non ha certo svelato i misteri di Fatima . Ho lavorato in Regione Veneto presso l'assessorato ai lavori pubblici e per questo motivo mi intendo molto della materia di cui state trattando , ma dal Giugno 2015 mi sono licenziata e messa in proprio, aprendo regolare partita iva e creando un'agenzia stampa che si occupa , appunto , di comunicazione , ufficio stampa , conferenze stampa , social media e marketing . Nel mio portfolio clienti ho aziende e realtà di livello nazionale e necessariamente interloquisco con quotidiani nazionali ogni giorno».
Dopo aver dedicato metà del suo scritto a narrare gli episodi più importanti della sua vita professionale, compresa l'apertura della «regolare partita IVA», la Signora (che trova prolissa la mia prosa) prosegue così:
«Quindi ribadisco che credo di essere competente e titolata per parlare sia dell'insopportabile tono logorroico del prof. Berti , sia del piano urbanistico del porto. Inoltre ritengo ( ma questa è un'opinione ,non ho ovviamente consultato un legale ) che nel suo articolo precedente il prof. Berti sia incorso nel reato di diffamazione a mezzo stampa ex Art 595 e seguenti. Ora entro nel merito di questa surreale missiva . Qualcuno ritiene che avere un'opinione significhi necessariamente essere " l'amico di" . Trovo questo atteggiamento francamente offensivo nei confronti del principio cardine della democrazia. Avvilente, davvero . Non ripercorrerò tutto ciò su cui mi sono espressa la scorsa settimana su quanto sia poco veritiero e fuorviante il vostro plastico della scorsa estate . Diciamo che con questo articolo viene fuori una tale assenza di bon ton istituzionale che sostanzialmente capacità , opinioni, ipotesi di confronto vanno in secondo piano rispetto a cotanta pochezza . Pensavo di averle viste tutte. E invece qualcuno riesce sempre a stupirmi , anche verso il basso . Chapeau.»
IL DIRITTO DI DIFFAMARE
La Signora si meraviglia che io abbia risposto ai suoi commenti su Facebook. Evidentemente è convinta − al pari di molte altre persone − che su Facebook sia lecito esporre impunemente tutte le idee che passano per il capo, senza che le persone offese possano replicare.
Facebook sarebbe un luogo protetto da qualcosa di simile al diritto d'asilo, dove la signora Traverso si sente libera di raccontare − senza presentare uno straccio di prova − che io sono un calunniatore e un bugiardo. Facebook sarebbe un luogo dove qualunque burino arrogante, che si è montato la testa, può chiamare "oca" il suo prossimo, perché è convinto di farla franca.
IL PLASTICO DEL PORTO È UN «GIOCATTOLONE»?
Ma ho deciso di rispondere anche per un altro motivo. La signora Traverso esponeva argomenti che da settimane vengono ripetuti in tutto il paese dal sindaco Ciumei, il quale cerca disperatamente di declassare il plastico del porto a "giocattolone" inattendibile.
Nello stesso tempo, però, il Ciumei si sottrae alla sfida dell'ing. Di Pirro sulla veridicità del plastico. Infatti è più comodo lavorare nella penombra, ricorrendo alle insinuazioni e alle battutine di spirito, senza sottoporsi a un serio confronto pubblico, in cui il Ciumei non saprebbe che cosa dire.
I suoi amici affermano che il Ciumei non è un massone: e − anche se queste voci circolano da anni in tutto il paese − io non ho prove per sostenere il contrario. Ma maneggiare e manovrare dietro le quinte è un metodo tipicamente massonico.
Del resto, essere massoni o mormoni o testimoni di Geova o seguaci di Scientology è una scelta libera, che un cittadino italiano può compiere nel pieno rispetto della legge. Anzi, nella storia del Settecento e dell'Ottocento, la Massoneria − necessariamente segreta, per sottrarsi alla repressione poliziesca − contribuì in modo determinante all'affermazione delle idee liberali contro l'oscurantismo e l'ancien régime. Non si può dire altrettanto per certa massoneria del nostro tempo, specialmente in provincia.
La massoneria elbana dell'inizio dell'Ottocento ha un ruolo importante nel bel romanzo del nostro conterraneo Gianfranco Vanagolli, che colloca nello sfondo dell'Elba napoleonica, descritta con molta accuratezza, un'avvincente storia di viaggi a vela, amori, intrighi, tesori, in cui i personaggi creati dalla fantasia dell'autore interagiscono con i grandi e piccoli personaggi autentici della corte imperiale di Portoferraio.
IL CIUMEI SAREBBE LA MIA VITTIMA
La signora Traverso aggiungeva anche ciò che il Ciumei apertamente non osa dire: cioè che io sono il cattivo e che lui è la povera vittima della mia cattiveria.
Nel suo primo scritto la signora Traverso aveva usato la parola «calunnia»: io avrei «calunniato» l'innocente Ciumei.
Nel suo nuovo intervento la Signora non parla più di calunnia, ma di diffamazione a mezzo stampa: un reato perseguibile solo su querela di parte.
La differenza è netta. Dopo tutte le offese − molto rozze − che mi sono state rivolte da Ciumei, da Zecchini, da Centauro, da Sonia Giannini e da altri dirigenti di Ilva, a cui io non ho mai risposto per le rime, sarebbe veramente curioso che qualcuno di questi signori querelasse me.
La signora Traverso non nasconde la speranza che io sia querelato. Ma gli interessati non possono accontentarla perché non sono grulli: sanno quello che hanno scritto contro di me. Non possono neppure fare affidamento su compiacenti giudici in gonnellino, perché in Italia esistono tre gradi di giudizio. Inoltre il caso di una condanna per un «reato di opinione» finirebbe in Parlamento e sulle pagine nazionali dei grandi quotidiani.
UNA QUESTIONE DI "BON TON"
Dunque la Signora ha ritrattato.
Si vergogna a dichiararlo esplicitamente, ma riconosce che l'accusa di calunnia − da lei ripetuta due volte − era un'accusa infondata. Insomma le sue erano parole avventate: giudizi fantasiosi.
La Signora non accenna a scuse, perché nel vocabolario di una pasionaria non esiste la parola "scusa". Figuriamoci una pasionaria con quei trascorsi politici. Ma l'importante è l'intenzione.
Però ora si atteggia a persona offesa, al punto da usare espressioni come «cotanta pochezza», «qualcuno riesce a stupirmi anche verso il basso», «avvilente», «assenza di bon ton istituzionale», offensivo della democrazia...
Un tentativo scoperto e maldestro di rifarsi un po' la bocca, dopo aver dovuto trangugiare il rospo della ritrattazione. L'atteggiamento è penoso. E a me non piace maramaldeggiare.
AVEVA DETTO CHE NOI SIAMO CALUNNIATORI E BUGIARDI
Temo che la Signora non si renda conto che l'offeso sono io.
Evidentemente non ricorda che, mentre io ignoravo perfino che esistesse, lei non ha esitato ad attribuirmi, con tono saccente, il reato di calunnia, vantando il fatto che, una ventina d'anni fa, si iscrisse a Giurisprudenza.
Non ricorda di aver definito il mio articolo «onanismo espressivo».
Non ricorda di aver scritto: «Ribadisco, come concetto filosofico, che basare una battaglia politica... su calunnia e bugie non sia mai una buona cosa».
Per cercare di screditarmi con facili battute, aveva scomodato persino il biblico peccato di Onan e la filosofia.
Vorrei che la Signora spiegasse dove sta il suo «bon ton», che − non so perché − definisce «istituzionale».
Espressioni così sprezzanti, velenose, astiose, non le ricordavo più da mezzo secolo.
I toni della Signora fanno riaffiorare nella memoria, come un amarcord, sensazioni e immagini di tempi lontani, quando scandivamo slogan − quelli sì, privi di bon ton − in cui «carogne» faceva rima con «fogne».
UNA BELLA OPINIONE DEI CITTADINI DI MARCIANA MARINA
L'accusa della Signora apparentemente è rivolta a me. In realtà in questa vicenda non sono io il «protagonista»: nella lotta contro il «porto nuovo» del Ciumei, a me compete la parte di un modesto fantaccino che si limita a scrivere qualche articolo.
L'accusa della Signora è estesa alla minoranza del consiglio comunale, ai partiti dell'opposizione, ai comitati spontanei di cittadini che si sono impegnati contro il porto, a Legambiente nazionale e a Italia Nostra, ai consiglieri regionali che sono venuti a vedere la situazione del paese e hanno espresso la loro solidarietà.
Tutti calunniatori e tutti bugiardi.
La signora Traverso non si rende conto delle implicazioni delle sue affermazioni: lei sta dicendo che in questo piccolo paese c'è una massa di imbecilli che si lasciano sobillare da un gruppetto di calunniatori e di bugiardi in malafede.
Chapeau per la Signora: ha proprio una bella opinione di noi "indigeni" del paese che lei definisce la sua seconda patria.
Ma forse è una questione di DNA: la Signora è consapevole che noi aborigeni siamo affetti da una grave tabe: non siamo padani; dunque siamo terroni ("subspecies maritima").
Altro che bon ton: i suoi sono giudizi al vetriolo.
LA SIGNORA SI INTENDE «MOLTO» DI URBANISTICA
Avevo contestato alla Signora di aver consultato la documentazione del «porto nuovo», senza accorgersi che le tavole del progetto parlano di variante al piano regolatore del porto e non di "progetto preliminare", come sosteneva lei.
Nella sua risposta la Signora vanta le competenze acquisite in materia di urbanistica quando lavorava nella regione Veneto. Con la sua abituale modestia, scrive che «si intende molto della materia di cui state trattando».
È una gioia sapere che è esperta di urbanistica. Anzi «molto» esperta.
Beata lei.
Speriamo che dia qualche ripetizione privata al sindaco Ciumei.
L'accenno è fuggevole: ma la Signora lascia intuire che, se ha parlato di «progetto preliminare», ha le sue brave ragioni. Però ora non ha voglia di perdere tempo per dare spiegazioni a gentuccia come noi. Quindi abbiamo il dovere di crederle sulla parola.
Non capiremo mai perché la Regione Toscana ha approvato il Piano regolatore del porto, che si chiama "Piano regolatore del porto", ma non è affatto il Piano regolatore del porto.
Un vero rompicapo. Troppo difficile per un vecchietto come me.
Soltanto la mente di una Traverso o di un Ciumei può arrivare a svelare l'arcano.
L'architetto Baracchi, che a Marciana Marina ha progettato un piano particolareggiato nei pressi del porto, ha scritto al sindaco − in una lettera ripresa dalla stampa − questo giudizio, che ho già citato in un'altra occasione e che mi sembra molto importante:
«E' assai curioso che Lei continui a far passare il progetto approvato come qualcosa di incerto e indefinito, mentre solo il progetto esecutivo potrà avere una connotazione fisica precisa... Dal volume delle carte prodotte da Suoi Collaboratori / Consulenti emerge invece un quadro di insieme molto circostanziato, preciso e vincolante, anche con misure vere e proprie... Chi sarà chiamato a produrre il progetto esecutivo, avrà un ben ridotto spazio di manovra, meramente di finitura estetica. Pertanto io penso che il Concorso di idee, di solito prassi assai lodevole, avrebbe avuto un senso, anni fa, prima di affidare alla squadra di Suoi Progettisti un siffatto Piano del Porto. Mentre, a questo punto, può permettere solamente a qualche giovane progettista di studiare qualche dettaglio, non certo di modificare un quadro di insieme stravolgente».
L'opinione dell'arch. Baracchi, urbanista, è diversa da quanto il duo Ciumei Traverso va sostenendo con esemplare baldanza, ma senza un briciolo di dimostrazione.
TETRAPODI A GOGÒ
È una vera iattura che la signora Traverso non voglia approfondire il tema del «progetto preliminare». Tuttavia occorre riconoscerle il merito di aver dispensato ai cittadini di Marciana Marina anche alcuni consigli preziosi: il lavoro del porto − ha scritto − «deve essere fatto a regola d'arte». E ha aggiunto poi che «un'opera fatta come Dio comanda, nel rispetto dell'ambiente e del paesaggio, potrebbe portare beneficio».
Senza il suo suggerimento, nessuno ci avrebbe mai pensato. Sebbene ricordino un po' le raccomandazioni delle nostre nonne nei giorni delle tramontanate («copriti bene, sa»), sono consigli ineccepibili. Da anni chiediamo proprio questo: che l'adeguamento del porto sia fatto nel rispetto dell'ambiente e del paesaggio. È un'idea che è stata autorevolmente sintetizzata dall'architetto Baracchi.
Soltanto che − per citare la solita frase, tanto cara al Ciumei − qui casca l'asino.
La signora Traverso scriveva che le sembra addirittura «ovvio che dovrebbe essere un progetto condiviso». E si poneva proprio la domanda che da anni l'opinione pubblica e le forze politiche ripetono invano: «Ma possibile che su un progetto così importante non si riesca a trovare condivisione?».
Provi a chiedere lei qualche delucidazione al Ciumei.
Nel corso di sei lunghi anni il sindaco ha tessuto la sua tela, agendo nell'ombra del segreto latomico. E è riuscito a far approvare dalla Regione il suo piano regolatore del porto. Ora è giunto in vista del traguardo: gli manca soltanto l'ultimo tratto di strada.
Ma le notizie giunte da Firenze nei giorni scorsi lasciano presagire che il percorso residuo sarà molto arduo per lui. La Commissione ambiente del Consiglio regionale ha approvato all'unanimità una mozione proposta dal gruppo di Sinistra Italiana, in cui si auspica un radicale ripensamento dell'intero progetto del porto. Questa votazione all'unanimità significa che perfino i consiglieri di destra hanno giudicato insostenibile il progetto voluto dal Ciumei.
L'approvazione definitiva del progetto esecutivo, a questo punto, appare impossibile.
Ora Ciumei vorrebbe che lo aiutassimo. È ridicolo immaginare che noi possiamo schierarci al fianco del sindaco per realizzare un piano regolatore del porto che fin dall'inizio abbiamo giudicato disastroso per Marciana Marina.
Noi siamo disposti a collaborare per realizzare quello che noi riteniamo l'interesse del paese: noi vogliamo razionalizzare il porto esistente secondo le indicazioni dell'architetto Baracchi, attraverso una nuova variante, che escluda la cementificazione di tremila metri quadrati di mare. Ma la nostra condizione pregiudiziale è che sia scongiurata la catastrofe dei tetrapodi a gogò.
IMMAGINIAMO CHE FLAVIO TOSI UNA MATTINA...
Concludendo, vorrei tornare sulla diffamazione a mezzo stampa.
La signora Traverso suggerisce al Ciumei di querelarmi. Stia tranquilla: il Ciumei lo avrebbe già fatto, se soltanto avesse potuto. Ma perché la Signora si ostina a ignorare lo scritto del sindaco − quello sì veramente da querela − che parla di anatre silenti o starnazzanti che non dicono un benamato?
Perché non trova riprovevole che il sindaco abbia definito i miei articoli come «un cumulo di falsità e di offese gratuite sciorinate a getto continuo, per così dire senza bisogno di guttalax»? Perché tace sull'augurio di vomitare, che mi è stato rivolto dal sindaco?
Se il sindaco Flavio Tosi si esprimesse col «bon ton istituzionale» che è tipico dell'illustre Sindaco di Marciana Marina, immagino quali sarebbero le reazioni dei cittadini di Verona, della stampa, dell'opposizione... Tutti parlerebbero di un improvviso impazzimento: di un devastante colpo di sole.
MA L'ELBA NON È IN PADANIA
Ma mi accorgo che sto dicendo delle sciocchezze.
Dimenticavo che Verona è una città della "Padania".
L'Elba, invece, è colonia: nei paesi coloniali i sindaci fanno quello che gli pare. E le pasionarie non hanno nulla da eccepire.
Fa piacere vedere che il sindaco di questa colonia si è guadagnato il plauso incondizionato della signora Traverso.
Perché il Ciumei non la inserisce nella sua lista alle elezioni comunali della prossima primavera?
Gian Piero Berti