LA BROCCA RAPITA
IL PROF. ZECCHINI PRENDE A BACCHETTATE ANCHE IL COMUNE DI PORTOFERRAIO
Quattro secoli fa, Alessandro Tassoni aveva messo in versi, in chiave eroicomica, la guerra fra bolognesi e modenesi per "La secchia rapita".
Nei giorni scorsi, nei "media" elbani si è combattuta la guerra della «brocca rapita».
In un blog è apparso un articolo del prof. Zecchini, dal titolo inquisitorio: «Dov'è l'oinochoe etrusca di 2300 anni fa?».
L'autore chiedeva di sapere dov'era finita una brocca etrusca, che prima era esposta nel museo archeologico della Linguella, «ma oggi non più».
"Oinochòe" è il nome greco con cui si indicano le brocche per mescere il vino: e nel museo archeologico della Linguella era esposta appunto una di queste brocche. Ma i giornali avevano raccontato che la brocca era scomparsa: e sùbito la notizia era stata ripresa e amplificata dal prof. Zecchini.
Dopo aver ripetuto anche lui che l'oinochoe etrusca non era più al suo posto, Zecchini si intratteneva a discettare di legislazione sui beni culturali, spaziando dalla legge del 1909 fino al decreto legislativo del 2004. Poi concludeva affermando perentoriamente che il Comune di Portoferraio e la Soprintendenza competente non potevano sottrarsi al loro «dovere di chiarezza e di trasparenza verso la comunità».
Chiarezza e trasparenza?
Perché Zecchini pretendeva chiarezza e trasparenza sulla brocca scomparsa?
Erano parole enigmatiche ma inquietanti, perché sembravano alludere a qualche verità scomoda o torbida, che il Comune cercava di nascondere. Con la complicità − beninteso − della Soprintendenza. Perché Zecchini non perde occasione per polemizzare contro le Soprintendenze, che considera la sentina di tutti i mali. Una polemica pregiudiziale, che appare incomprensibile e che è giunta a espressioni di esultanza per la riforma Franceschini, che ha decentrato le competenze della Soprintendenza archeologica. Sembra che Zecchini non apprezzi l'impegno degli archeologi delle Soprintendenze per la difesa dei nostri beni culturali e per la lotta contro i tombaroli.
Mi sono chiesto se anche in questo caso − come per l'ipogeo di Marciana − qualcuno avrebbe sollecitato i soliti nove senatori grillini a presentare un'altra brillante interrogazione parlamentare, a cui avrebbe risposto il solito sottosegretario che già ha liquidato la precedente iniziativa.
Al prof. Zecchini ha risposto invece, per conto dell'Amministrazione comunale, il prof. Riccardo Nurra, con tono assai piccato: «l’anfora è al suo posto e non è mai stata rimossa»; la scomparsa dell'oinochòe è una notizia «falsa», che dà «pessima informazione a chi legge e poca credibilità a chi scrive».
Ben vengano − aggiungeva il prof. Nurra − le critiche costruttive, perché aiutano a lavorare meglio: invece i messaggi falsi sono «nocivi»: «inutili e stupidamente allarmanti».
Non è chiaro a chi si riferisse l'avverbio «stupidamente»: ma non sembrava un complimento.
E anche le altre parole erano aspre e prive di diplomazia, perché in quella notizia falsa era implicito un giudizio negativo sul Comune, incapace di difendere i reperti del suo museo. Nurra si mostrava indignato perché nessuno si era preso la briga di verificare i fatti. E ne traeva l'amara considerazione che qualcuno parla perché ha la bocca. Un'altra frase che non è proprio un grazioso complimento per l'intelligenza dei suoi interlocutori.
A questo dialogo spumeggiante occorre aggiungere un tocco di colore. I due antagonisti ci tengono a marcare le distanze, e perciò si rivolgono l'uno all'altro chiamandosi "signore": «signor Nurra», «signor Zecchini». A imitazione dei francesi, che evitano inutili orpelli e si chiamano col semplice appellativo di «monsieur».
Segno che i due non erano stizziti: erano proprio furibondi.
Sembra lontanissima quella sera di luglio del 2014, in cui tutta (o quasi) la Destra politica dell'isola accorreva alla festa organizzata − e pagata − dal Comune di Marciana Marina, per plaudire alla consegna di una targa d'argento al bardo del Ciumei, in occasione della stampa del suo ennesimo trattato (del quale credo di essere stato il primo − e forse l'unico − lettore).
Alla durissima replica del prof. Nurra, Zecchini rispondeva con candore, giurando e spergiurando che non voleva «insinuare» alcunché: aveva soltanto chiesto di conoscere, di grazia, in quale stanza la brocca era stata momentaneamente appoggiata, per essere spolverata o sottoposta a piccoli interventi di manutenzione. Nient'altro. Una domanda innocente, senza malizia: funzionale allo sviluppo delle proprie ricerche scientifiche.
Era stato il «signor Nurra» − affermava il «signor Zecchini» − che aveva equivocato: perché «il signor Nurra» non ha ben chiaro il significato delle parole. Come dimostra il dizionario Devoto-Oli…
È vero che la richiesta dello Zecchini − avanzata a mezzo stampa e dunque coram populo, davanti a tutti − aveva suscitato scalpore. Ma il suo scopo non era quello − come sospettano i soliti malpensanti − di "sputtanare" gli Amministratori comunali e i funzionari della Soprintendenza.
No, no. La spiegazione è più semplice: Zecchini aveva usato Internet, perché noi adolescenti under 80 − come è noto − abbiamo l'abitudine di comunicare attraverso Internet. La clamorosa pubblicità negativa per il Comune di Portoferraio era soltanto un effetto collaterale non programmato.
Comunque − in cauda venenum − Zecchini rinfacciava al «signor Nurra» che i carabinieri stanno indagando sulla scomparsa di altri reperti dal museo comunale. Zecchini si professava fiducioso nel buon esito delle indagini dell'Arma: ma intanto è innegabile che gli Amministratori si erano fatti rubare sotto il naso i reperti che dovevano custodire.
E dunque il «signor Nurra» prenda e porti a casa.
Si ha l'impressione che gli amministratori non siano rimasti soddisfatti: il prof. Nurra ha obiettato che nelle parole del signor Zecchini «si poteva avvertire una sottile insinuazione».
Insinuazione «sottile»?
L'insinuazione c'era, eccome. Ma non era «sottile». Era plateale, ostentata. La citazione del Devoto-Oli era addirittura irridente e provocatoria.
Anche in questo episodio emerge l'inveterata abitudine del dott. Zecchini di approfittare di ogni occasione per salire in cattedra e bacchettare tutti i malcapitati che gli passano a tiro.
Perché lui è fatto così. È sempre pronto a dispensare generose bacchettate a tutti. A destra e a manca. Con equanimità.
E questa volta le bacchettate sono toccate al Comune di Portoferraio.
Gian Piero Berti
PS
Non essendo riuscito a ritrovare una brocca nelle teche del museo, il prof. Zecchini si è rivolto alla Soprintendenza (e magari era pronto a scomodare anche l'Unesco, il Grande Oriente, nove senatori grillini e un ministro).
Però sull'indecente «porto nuovo» del Ciumei, il bacchettatore compulsivo finora ha taciuto.
(NDR L'immagine di repertorio con cui corrediamo il pezzo, è puramente esemplificativa, la brocca che mostriamo è, sì, di origine etrusca, ma non si intende con essa rappresentare la "brocca rapita". Il reperto fotografato infatti non proviene dall'Elba, ed è inoltre stato datato - da chi di dovere - come produzione risalente al 600 - 550 A.C., quindi molto più antica del reperto etrusco "di 2.300 anni fa" la cui misteriosa assenza non fa dormire metà della popolazione elbana ed ha gettato nella disperazione l'altra metà. La precisazione era doverosa per evitare eventuali titanici strali che,altrimenti, anche su di noi potrebbero abbattersi, unitamente all'accusa di far disinformazione sciiiientifica)