Mi hanno sempre affascinato i cantori in ottava rima, specie quelli che riescono inventare le ottave di endecasillabi in rima ABABABCC, e si "sfidano" anche cantando i fatti del giorno, la politica, declinandoli in un italiano alle volte arcaico, e commentandoli in maniera spiritosa a botta e risposta, perché l'abilità consiste nel prendere l'ultima rima in C dell'antagonista assumendola come propria prima rima in A, tutto quindi sul filo della improvvisazione.
Faccio un esempio creando due ottave posticce: un finto ma possibile contrasto tra un rimatore grillino e un piddino:
"Aveva detto che si ritirava
se il NO sul referendum avesse vinto
e che alla su casina se ne stava
nissuno lo cercasse, era convinto.
Ma come nell'april sboccia la fava
eccolo dopo un mese l'omo finto
a dire che rivole la poltrona
non c'è che dire, è di parola bona!"
e l'antagonista potrebbe rispondere:
"Quel che tu dici guarda proprio stona
che stai con chi non l'è punto coerente:
il giudice è stimabile persona
purché l'avviso 'un sia pe la su' gente,
uno conta per uno ci conciona
però lui regna e voi 'un contate niente,
cortese, aperto e fine, quanto un mulo
sa sol mandare gli altri dal cuculo."
e fermiamoci perché la successiva serie di rime in "ulo" risulterebbe alquanto problematica,
Ma dove volevo andare a parare? Ah sì ... i rimatori in ottava erano "i poeti" per il popolo, che aveva bisogno della loro musicalità, e che certo non seguiva l'evolversi delle forme poetiche dotte, l'abbandono della rima, l'ermetismo etc.
Lo erano "poeti" anche per Rosina Lupi, che mi ricantava sul filo di una pressoché prodigiosa memoria "La Pia de Tolomei", "il contrasto tra il contadino e il cittadino" e gli scherzi in ottava o quartina "made in Elba" che aveva sentito quando era bimba.
Ma Rosina usava ripetere spesso "Anche al poeta gli mancò un verso..." un adagio per sottolineare come nessuno sia immune da errori, nessuno abbia mai ragione "a prescindere", come avrebbe detto Totò.
Si ponga attenzione però anche al retrosignificato tollerante della sentenza: non si può, partendo dalla constatazione di un episodico errore, contestare in blocco l'opera di un "poeta" o di chiunque altro.
Certo se le liriche distrazioni si ripetono, se la metrica fa ripetutamente fallo, se la rima zoppica, se i versi finiscono per risultare scombicchierati, allora è il caso di rivolgersi al bardo con queste parole:
"O tu che ti cimenti col poetare, ma che tanta incertezza mostri nel tentar di rendere polite le tue rime, miglior cosa fia che tu il tempo tuo spenda nel cesellar la zolla" oppure nella forma contratta "Vattene a zappa' che è meglio!"
Ma in una occasionale scivolata possono incappare anche i migliori
Tutto ciò premesso, quella del Parco (e del Comune) a Galenzana, sarà pure per il tormentato profilo orografico dell'area, ma più che una scivolata mi pare quella che in ferajese si definisce "patta a rospo" (caduta degna di un batrace privo di reattività)
Quasi quasi mi scappa un'altra ottava posticcia:
Vabbé che qui si seminavan l'aghi
provando col seder s'eran spuntati
ma col cambio di carte come maghi
stavolta siete stati esagerati.
Tutto a posto! non siete stati vaghi.
Tra i viottoli restaste incasinati,
e c'è autostrada dove fu un sentiero
Vi siete ricoperti perdavvero
Distinti Saluti