Subito dopo che la Rossa mi ha telefonato per dirmi che Mario Papi se n’era andato aggiungendo: “ …scrivi qualcosa di bello su Mario per i compagni di SEL …”, m’è tornato in mente uno dei nostri ultimi incontri, lui dopo avermi fatto una dettagliata relazione sulle trenta paia di espadrillas usate da Pasquale in estate, soffermandosi perfino sulle nuances dei vari colori, mi scostò dal crocchietto di amici che si era formato per soffiarmi in un orecchio:
“Mi pare che si doventato troppo bravo a scrive’ su li morti, guarda che poi specialmente quelli che so’ messi male come me, quando che t’incontreno per strada, si toccano li coglioni”
“Famo così - risposi - visto che c’hai sempre da criticammi, preparati un autococcodrillo co’ l’autoepitaffio, che quando ci lascerai lo pubblico”.
Il suo “ovvainculo” suggellò la breve discussione.
No cara Rossa non ce la faccio proprio a scrivere qualcosa di “bello” e men che mai qualcosa di serio, di ufficiale, di abbottonato, di pettinato per Mario che quando scelse ideologicamente il vegetarianesimo teneva coerentemente il punto, ma piangeva di nostalgia se sentiva l’odore dei lacerti che arrostivano sulla brace; per Mario che quando mi fermava per la strada davanti al Palazzo della Provincia non sapevo se doveva farmi delle osservazioni sui calzini, su come avevo abbinato quello che avevo addosso “.. stamani ti sei vestito al buio?”, se pretendeva che esprimessi un giudizio su un libro, per poi contestarlo qualsiasi cosa dicessi, per il gusto di contraddirmi, se voleva rimorchiarmi, sia pure obtorto collo, al bar; per Mario anarchico pacifista e casinista.
Posso al massimo raccontarti ancora di una volta che avevo accompagnato a pranzo per lavoro in un ristorante degli ospiti, che i miei amministratori mi avevano raccomandato di trattare con riguardo, e lui che mi aveva visto dall’esterno piombò al tavolino, sedendosi mentre gli versavo un bicchiere e chiedendomi “O te che ci fai con la cravatta?” cercando subito dopo di imbastire un discorso, non mi ricordo neanche su cosa, facendomi una domanda e mollandomi a mezza risposta, azzittendo il tavolo e andandosene con la stessa rapidità con cui era arrivato.
Dopo un attimo di imbarazzo qualcuno dei miei commensali mi chiese timidamente chi era quel signore e io, ridendo dentro, ma cercando di assumere l’espressione più seria e grave, dissi: “Eh quello è Mario Papi..” a cui seguì un “Ah!” di giusta passiva accettazione, perché Mario lo dovevi accettare come era, scorreva come un fosso di acqua buona e trasparente Mario, e l’acqua non va mai in su.
Posso dire solo che mi mancheranno i suoi rarissimi quanto memorabili interventi sul giornale firmati sempre con pseudonimi: Beppediprocchio, Tirofisso, Ocogiulivo; ma soprattutto mi mancherà come lettore.
Sì, perché vedi Rossa, a me capita spesso di pensare a chi mi legge non come un indistinto insieme, ma come una gruppo di individualità, e mi capita di domandarmi cosa mai pensi di quello che sto scrivendo questo o quello dei miei amici, e Mario era uno di quelli che più spesso pensavo con grande affetto “dall’altra parte dello schermo”
E pensare a quello schermo spento, insieme alla luce di un’intelligenza sfavillante irrimediabilmente spenta, mi fa immaginare una Marina che da stanotte è un po’ più buia ed un po’ più triste, come l'ochetta che disegnava Mario, che forse stasera non si gratta col becco, ma cerca protezione sotto sotto la sua stessa ala