Il tema era: “I miei viaggi” ed un alunno di una scuola media elbana di una trentina (e passa) di anni fa, così brillantemente lo svolse:
“Io sono un ragazzo molto girevole, sono stato a Roma per vedere il Papa, che però non c’era e anche a Milano per vedere il Domo che quello c’era, e era anche moltissimo grosso.
Ma il viaggio più bello lo feci una volta che mi portarono a Venezia, che è una città dove invece che in macchina ci si viaggia con le barche, perché è piena di fossi dappertutto.
Quando s’arrivò a Venezia la città era tutta infestata perché c’era il carnevale e la gente era immascherata da persone antiche.
Per tornare a quello che dicevo prima i veneziani le barche le chiamano dondole e non sono come le nostre che sono di colori differenti, loro le pitturano tutte di nero, la mì mamma ci voleva montare su una dondola, ma il mì babbo disse che era meglio di no, che ci pelavano un branco di soldi …”.
Ho impiegato una buona oretta a frugare tra le mie cartacce per riportare alla luce questo prezioso reperto, all’epoca copiato a mano dall’originale con la complicità dell’insegnante del girevole frugolo. Ci ho perso tempo per una precisa ragione.
Con l’approssimarsi delle elezioni si infittisce il numero dei “comunicati” delle forze (si fa per dire) politiche e di soggetti che si svegliano dal letargo annusando aria di seggi più o meno prestigiosi, poltrone e sgabelli, da conquistare.
Orbene poiché la maggioranza di questi soggetti è piuttosto ignara dell’arte del comunicare, gli epocali pronunciamenti, che spesso per noia e pigrizia pubblichiamo senza averli filtrati con l’attenzione dovuta (cinicamente pensando: tanto li firmano loro e a leggerli – statistiche alla mano – sono quattro gatti) risultano, oltre che delle usuali favate concettuali, ben farciti di orrori ortografici (“ad OK” in luogo di “ad hoc”, “guasi”, “propio”, “bibblioteca”, “in sieme” solo per citare – tacendo i peccatori – gli ultimi).
Mi sono ritrovato a pensare che il tempo trascorso era tale che il giovane cronista delle “dondole in Venezia infestata” avrebbe potuto tranquillamente essere tra gli autori delle perle comunicative odierne.
E qui ci giunge in soccorso la saggezza degli anziani, in particolare quella di un nostro antico conoscente che usava ripetere: “Se pensi che uno sia tonto, per riprova, pensa a com’era da piccino”
E’ vero, perché uno da adulto, pur essendo tonto, come avrebbe detto il nostro primo eroe, “si immaschera”, può darla a bere, può fare perfino i soldi, e approfittando della poca voglia generale di impegnarsi, può darsi alla politica, essere eletto a pubbliche cariche, iscriversi a prestigiosi sodalizi e darsi importanza, impressionare il prossimo.
Da bimbo no, se uno è tonto la spietata e perspicace comunità dei bimbi lo avverte, va al sodo e lo dichiara tonto.
E poiché un altro adagio locale recita: “I tonti ‘un hanno partito”, restando perfettamente “super partes”, invitiamo i nostri concittadini – se li hanno conosciuti da coetanei – nella valutazione di coloro ai quali si intenda affidare la guida del territorio, a ripensare a come erano da piccini.