Da bambino ero uno gracile e scarso (molto) nei ludi calcistici, uno di quelli che nelle "scelte" delle partitelle erano presi per ultimi, o finivano "in porta"; crescendo però, pur mantenendo la solita caprina imperizia nel calciare la palla, mi ero almeno irrobustito e, durante la mia ultima e sciagurata partita, giocata alle soglie dei 40 anni, in un micidiale torneo interaziendale che infinito lavoro fornì al Pronto Soccorso, e decimò una buona parte del pubblico impiego elbano, mi trovai, nel corso dell'epica disfida Provincia-USL, a "marcare" un medico, alto come un soldo di cacio, ma infinitamente più giovane, rapido e capace di controllare il pallone.
Il "mister" della mia squadra dando prova di grande sportività mi fornì però il giusto suggerimento tattico: "Questo se non lo sdrai subito, non lo riprendi più, e ci fa una cappellata di gol... troncalo!".
Diligentemente presi a contrastare a spallate e calcetti assassini il mio antagonista, che ripetutamente rotolò nella polvere del campetto della Bricchetteria. Ma per quante volte cadde (tante) io non mancai di formulare un mio contrito "scusa!" tendendo la cavalleresca mano per aiutarlo a rialzarsi.
Ma all'ennesima "patta a rospo' pe le tere" (rovinosa caduta, per i foresti) la vittima sacrificale pedatoria mi rivolse dal suolo una pigolante preghiera: "Basta, non mi chiede' più scusa, sennò m'ammazzi!"
La noiosa introduzione autobiografica che vi ho appena servito, stava solo per ribadire il concetto che le formali scuse non assolvono il reo che non maturi nell'animo un pentimento operoso, e il sincero dispiacere per aver peccato.
Orbene, mi corre l'obbligo di fare sincera ammenda, chiedendo scusa agli interessati ed ai marinesi tutti per due gravi, imperdonabili, errori, che ho commesso, qualche giorno fa nel trattare fatti del nobile borgo che ai pie' del Capanne si sta.
In primis c'è un errata citazione consistente nell'aver attribuito a Sergio Mazzei, una battuta che invece fu pronunciata in diverso bar (peraltro campese) dalla Signora Franca Dini, che, per l'esattezza, al tracotante "Lei non sa chi sono io" del turista (che non voleva rispettare la fila per accedere al telefono pubblico), salita in tutta la sua imponenza sul banco e poste le braccia "a brocchetta" sui fiancali, pronuncià lo storico: "Zitti tutti che ora questo testa di cazzo ci dice chi è!"
E a proposito di teste, visto che una allogena vestale del giubilato (se scrivessi "trombato" guai) capataz marinese, mi rimbrottò, orba di tanto spiro, per aver giurato su tanta amata testa, chiedo perdono cospargendomi la testa di cenere: ho sbagliato, mai più giurerò, tanto meno su una così sacrale cosa, ma se proprio dovessi esservi costretto, sceglierò di giurare su qualche cosa di ugual valore, come ad esempio la multicolore collezione di espadrillas (spartiglie) di Pasquale.
Riposino in pace