Viviamo in un'epoca complessa, intrisa di "passioni tristi", di rapporti frammentati.
Facciamo fatica a vivere in questo presente che, con i suoi ritmi, sfida le nostre capacità di adattamento, soprattutto psichico. Possiamo dire di soffrire tutti della Sindrome di Selye (Sindrome Generale di Adattamento allo stress).
Siamo quasi incapaci di riprendere i ritmi lenti e necessari della Natura, di tornare a gustare il tempo scandito dalla luce del sorgere del sole e dal suo affievolirsi al tramonto. E' la fretta che domina e regola insensatamente la vita di ognuno, la fretta, che è nemica della riflessione e della consapevolezza (secondo Aristotele la riflessione si ha quando l'intelletto non solo conosce, ma è consapevole, ovvero sa di conoscere). Prevale ormai, quasi come fondamento necessario e indispensabile, un modo di vita caratterizzato da un livello preoccupante di mediocrità.
E' la mediocrità della vita che si è sviluppata ovunque e a ritmi incessanti, in particolare tra le nuove generazioni. Mediocrità nel sapere, mediocrità nel fare le cose, nel lavorare, nel dedicarsi ad ogni questione vitale e formativa per la crescita culturale delle nostre comunità. Mediocrità nel gestire le relazioni e gli affetti.
Si affrontano le varie problematiche, sia quelle più semplici che quelle più complesse, quasi sempre in modo approssimativo e con blanda motivazione.
Gli effetti sono sotto gli occhi di tutti: un livellamento culturale sempre più accentuato e tendente al basso; stimoli incapaci di smuovere gli animi e suscitare passioni gioiose e dinamiche. Insomma siamo di fronte ad un'assuefazione alle spinte verso l'alto, ma, soprattutto, c'è un'assuefazione al "non pensare".
Sono sempre più scarse le spinte atte a favorire una crescita cerebrale affinché il nostro cervello non rimanga povero.
E' stato provato sperimentalmente che la mancanza del cimento, del misurarsi, del confronto, del mettersi continuamente alla prova, fin dalla più tenera età, provoca un assottigliamento della corteccia cerebrale rilevabile anche istologicamente. Esistono delle cause che hanno portato il nostro paese e le nostre comunità ad una mediocrità ormai a livelli di guardia. Si sono predicati i buoni propositi, ma si sono incentivate le facili strade per raggiungere obiettivi onerosi; si è quasi eliminata quella necessaria "fatica di soffrire" e si sono considerati pedagogicamente sbagliati quei tempi intensissimi di lavoro, di studio e di abnegazione per raggiungere certi risultati. Si sono offerte le strade più dritte e sempre in pianura per non affrontare la fatica. La scuola, in particolare, ha elargito in massa premi per tutti, votazioni inverosimili, iperboliche, che neanche Fermi o Majorana potevano vantare e ciò rischia di ingenerare nei nostri ragazzi e nei genitori la pericolosa convinzione che, improvvisamente, siano comparsi sulla Terra tanti Pico della Mirandola. Basta frequentare e studiare il minimo per essere promossi, e chi non lo sarà, potrà comunque trovare scuole da superbonus: 5 anni in 1, se non diplomifici a portata di tutti coloro che non abbiano problemi economici.
Quest'epoca ha privilegiato ogni possibile strada per raggiungere obiettivi, altrimenti faticosi, in modo assai poco oneroso e senza sacrifici e, soprattutto, ha privilegiato modelli che hanno denigrato le emozioni e le passioni. E non è un caso che i tanti mediocri siano quasi sempre stati premiati spesso a discapito di coloro che con grande sacrificio e caparbietà hanno dimostrato serietà, impegno e zelo nel raggiungere obiettivi difficili. Del resto basta fare alcuni "screening" tra i tanti soggetti che sono stati premiati non certo per le loro capacità o conoscenze o competenze. Insomma tanti hanno un curriculum alquanto deficitario, ricco forse di conoscenze di qualcuno che conta, ma povero di contenuti culturali e di esperienze edificanti che ne certifichino le competenze.
Siamo invasi dalla quieta infingardìa dei mediocri che frena l'operosità, il fervore applicativo, la dedizione alle attività intraprese, l'amore per il lavoro, lo studio. Abbiamo grandi responsabilità di fronte alle giovani generazioni.
Come sottolinea l'antropologo Giorgio Costanzo abbiamo tolto loro "il diritto di soffrire, ossia di sottoporre il sistema nervoso centrale ad una prassi esperienziale implicante un'intensa dinamica corticale". Ad esempio abbiamo negato loro la capacità di conquistarsi le cose richiamandoli alla responsabilità personale del sacrificio, a mangiare e a gustare il cibo dopo aver provato veramente la fame. Continuiamo ad offrire modelli risibili, che incentivano il bene e poi premiano la mediocrità. Fuggiamo il dolore e facciamo di tutto perché le nuove generazioni ne siano esenti. Abbiamo costruito modelli fondati sul consumo: si consuma di tutto, beni ed anche persone. Tutto diventa da consumare, usare e gettare. Tutto rischia di assumere i connotati di un rifiuto, talvolta neanche da riciclare. La mediocrità di tali comportamenti non è più sopportabile per assicurare un futuro a noi stessi, alle giovani generazioni ed in particolare ai nostri bambini. Dobbiamo avere il coraggio di ritornare a pensare, o saremo travolti dalla mediocrità di cervelli poveri capaci solo di alimentarsi di ciò che trovano comodamente, standosene in poltrona ad ingurgitare ciò che i media impongono quotidianamente in modo alquanto subdolo.
Il cervello ha bisogno di alimentarsi, di superare la mediocrità e la faziosità del sistema economico della grande produzione e della finanza, che vuole dall'uomo la sua anima, affinché divenga neutro, impotente, succube, ammassato, anoressico, sciocco ma imbonito, privo di valori, di cultura, senza identità. La mediocrità è un controsenso biologico: insulta la stessa logica della vita, non determina progresso, non contiene amore, non crea cultura, è solo ripetizione e ristagno, quella ripetizione e quel ristagno che contraddistinguono la nostra epoca e dai quali è possibile uscirne con un nuovo impegno da parte di tutti: ritornare a pensare, rimettere al centro un'etica del benessere personale e sociale che domini l'etica del benessere materiale, su cui troppo a lungo abbiamo fondato la nostra vita. Adesso abbiamo l'opportunità, con il superamento di un sistema economico liberista, crollato perché fondato su un benessere illusorio, di riprendere un cammino, quello della costruzione di noi stessi, arricchendoci della realtà che ci circonda, per essere capaci di interiorizzarla, unificarla, spiegarla a noi stessi e, soprattutto, ai nostri figli. In questo, aiutati dalla forza del pensiero, dalla sua bellezza, dalla fatica del leggere ed anche dello scrivere che, come sottolinea lo scrittore Ernesto Ferrero, "restano gli strumenti migliori per capire di più noi stessi e il mondo".
Per cercare di essere meno mediocri e quindi più capaci di rendere quest'epoca vitale per noi stessi e per le future generazioni.
Giacinto Mosso