Ora accade che mentre il nostalgico Vespa imperversa nei salotti televisivi con i suoi falsi storici (con i conduttori di turno nel ruolo di ignavi zerbini) su come si stava meglio col fascismo 'amato dagli italiani', si arrivi al 25 novembre, giornata mondiale contro la violenza sulle donne, funestata purtoppo da altri due femminicidi.
Per amore di verità occorre per prima cosa smentire le bufale più grossolane del simpatico Vespa (in particolare quando si muove tra i modellini dei luoghi di omicidi) ricordando a lui e agli incauti lettori che NON è vero, come afferma nella sua ultima polluzione natalizia, che Benito istituì l'INPS e le 40 ore lavorative settimanali: il sistema previdenziale nasce infatti nel 1898 con la Cassa Nazionale di prevenzione per l'invalidità e la vecchiaia degli operai e la normativa sul tetto massimo di lavoro settimanale è del 1997 col pacchetto Treu'', mentre quella delle 8 ore giornaliere per un massimo di 48 settimanali risale al 1919; i contratti nazionali, derivanti in effetti dalla 'carta del lavoro' del 1927 esprimevano invece, attraverso il corporativismo, il controllo totale del regime sul mondo del lavoro, senza diritto di sciopero.
Ma oggi, 25 novembre, è opportuno ricordare anche che la battaglia per il suffragio universale cominciata con l'Unità d'Italia si fermò nel 1929 con la cancellazione totale del diritto di voto (maschile e femminile), preceduto dal decreto legge del 20 gennaio 1927 con il quale il Governo fascista intervenne sui salari delle donne riducendoli alla metà di quelli degli uomini e dal Regio Decreto 2480 del 9 dicembre 1926 con il quale le donne vennero escluse dalle cattedre di lettere e filosofia nei licei, dopo che, col R.D. 1054 del 6 maggio, si era vietata alle donne la direzione delle scuole medie e secondarie e si arrivò a raddoppiare le tasse scolastiche alle studentesse per scoraggiare le famiglie a farle studiare.
Accade infine che l'ultimo tentativo vespiano di rivalutare il ventennio attraverso omissioni e falsità, approdi, oltre che nelle librerie, anche nei supermercati: lungi da noi l'idea di censurare questa presenza, ci mancherebbe ma, visto che si tratta di 'cibo per la mente', suggeriremmo di apporre a questo prodotto analoga etichetta di quelle presenti nei prodotti alimentari: “origine: ventennio - contiene falsi storici potenzialmente nocivi”.
CR