Nascesti a Portoferraio il 24 luglio 1926, quarant’anni e tre giorni esatti prima di me….
Tuo padre, Luigi Gelain bellunese e tua madre, Domenica Orlati di Cesena, da Parigi si trasferirono a ll’ Isola d’Elba perché tuo padre aveva trovato lavoro agli Alti forni di Portoferraio , dove nel 1938, anno in cui nasceva, guarda caso, la donna che sarebbe diventata la compagna della tua vita, per uno stupido scherzo di un operaio portoferraiese, restò ucciso sulle rotaie dove passavano i carrelli colmi di carbone. Tuo padre portava ai piedi gli zoccoli di legno, come tutti gli altri operai che lavoravano nel calore del fuoco degli altiforni. Quell’operaio di Portoferraio, per fare il gradasso con i suoi amici disse che sarebbe stato divertente vedere come far “saltare” sulle rotaie quel bellunese, e lanciò verso di lui un carrello pieno di carbone. Tuo padre non ebbe tempo di spostarsi e rimase ucciso sulle rotaie, così tu, a dodici anni ti ritrovasti a dover mantenere una madre vedova giovanissima, una sorellina di nove anni, Rosa, ed un fratellino di cinque, Roberto. Scopristi chi fu stato quello stupido assassino solo moltissimi anni dopo e me lo dicesti…..fortunatamente la morte lo aveva già portato con sé… Così, per racimolare un poco di danaro per sfamare tre bocche e la tua, la mattina presto partivi da località Le Foci a Portoferraio con una biciclettina costruita da te per andare a dare l’allarme sulle fortezze medicee dei bombardamenti e poi correvi a scuola al Grigolo dove ottenevi voti altissimi. Ho ancora le tue preziose pagelle conservate fra i miei ricordi più cari e preziosi… Avevi capelli morbidi e ricci ed un bellissimo ciuffo che lo spostamento d’aria di una bomba falciò alla radice…Mi dicesti che sentisti un colpo fortissimo alla testa. Credevi di essere stato ferito a morte…mettesti la mano sulla tua testa e tutti i capelli rimasero nella tua mano e mai più rinacquero…. Arrivarono i Mori, sbarcando sulla spiaggia di Marina di Campo, portando al collo collane fatte di orecchie umane. Violentarono le donne elbane, ma tu costruisti un fucile ed una botola dove nascondesti tua sorella Rosa che era bellissima . Tua madre offrì ai Mori quel poco cibo che avevate ed andò tutto bene. Furono anni duri, di stenti dove conoscesti povertà e fame, con l’unica risorsa che la vita ti donò fatta di ingegno e tanta dignità. Nel 1950 partisti con la tua famiglia per Milano, la città che ti avrebbe assicurato un ottimo lavoro per poter continuare a mantenere dignitosamente tua madre, permettendo anche a tuo fratello di poter trovare stabilità lavorativa e a tua sorella un matrimonio meraviglioso. Così, dal niente creasti, grazie ai tuoi studi ed al tuo genio chimico, fisico e matematico un’industria dove brevettasti la famosa, oramai in tutto il mondo, specialmente nelle officine ,Pasta lava mani con il nome sul barattolo Gelaten, usando nella marca il tuo cognome, ma un brutto giorno, nel 1965 mentre eri fermo ad un incrocio, nel centro di Milano con la tua Bianchina, una pantera della polizia ti prese in pieno e ti lasciò inerme sul selciato. Arrivò l’ambulanza, ma gli infermieri dalla barella ti riposero di nuovo sull’asfalto perché ritenuto oramai in fin di vita. Conservo ancora quel pezzo di giornale con l’articolo e con le foto della tua piccola auto ridotta a maceria. Avevi già incontrato quella che sarebbe diventata tua moglie, la tua compagna per la vita che decise di sposarti seppur tu fossi in coma. Il tuo coma durò un mese e nel frattempo il tuo socio fece scempio della tua industria facendola crollare e rubandoti tutto. Ma tu, forte, come la vita ti aveva progettato vincesti il coma e, seppur con un chiodo che percorreva tutta la tua gamba, con il cuore spostato a destra, tutto ricucito e con un bastone che ti sorreggeva fosti più forte della distruzione fisica e sposasti la donna della tua vita pochi mesi dopo. Eravate meravigliosi, in una Milano ancora bella e vivibile circondati da centinaia di amici sorridenti . Ma il richiamo dell’isola fu più forte e nel 1970 con 500 mila lire lasciasti tua madre e tuo fratello a Milano per ritornare con tua moglie e la tua piccola di quattro anni nel mare e nei boschi dell’isola che erano parte di te e lo sono stati fino alla fine. Tornasti con niente, ma solo con ciò che sapevi fare: tutto! Il tuo laboratorio di odontotecnico, non era solo un laboratorio di un odontotecnico dove creavi protesi per chi non aveva denti e non poteva magiare, ma un’officina dove tu creavi gioielli, con pietre preziose, fondevi oro, argento, sperimentavi e creavi oggetti meravigliosi, lavorando miniature di marmo, sculture con gesso e legno, stagno, piombo, smalti. Ogni tuo lavoro era una geniale opera d’arte e nel tuo immenso cuore regalavi i denti a chi non poteva aver soldi per pagarli e quindi neanche denti per poter mangiare e tu sapevi benissimo cosa significava avere fame!! Io conosco la tua storia, Guido, perché me l’hai raccontata tu e non basterebbe un libro per raccogliere tutte le storie che negli anni della guerra ed anche dopo hai vissuto e mi hai raccontato. Avrei voluto poter registrare tutto ciò che mi hai raccontato negli anni, ma non c’è stato tempo ed io posseggo adesso solo la memoria della tua eredità. Una memoria che rende a me l’onore e la fierezza di essere tua figlia, la tua stella, come mi chiamavi tu, che mi hai cresciuta con ciò che tu più amavi imprimendolo indelebilmente nelle mie viscere, nella mia natura e nel mio stesso sangue appartenente a te: la musica sinfonica, operistica, l’arte tutta, l’amore per la natura ed il rispetto per la vita di ogni essere vivente, l’amore per la coltivazione di frutti, ortaggi, fiori.La precisione, la correttezza e la…”giustezza”! L’amore e la soddisfazione di veder germogliare un seme e diventare pianta. La magia di un tramonto sul confine del mare mentre in barca io e te pescavamo i totani e navigavamo con il tuo gabbiano Gabby sulla poppa. Il gusto di trovare funghi buoni e tante castagne a novembre, l’argento sull’agrifoglio e sul pungitopo che andavi a raccogliere nel bosco di Marciana per regalarlo ai tuoi pazienti che ti chiamavano “dottore” e tu dicevi:-“ …..Macchè dottore e dottore! Guido!”- La tua antica signorilità, il tuo sorriso “traverso” , il fascino delle tue buone maniere, il tuo english humor. I valzer ballati insieme. La nostra complicità nel creare qualcosa di bello e momenti meravigliosi che appartenevano a noi soltanto, perché io e te ci capivamo molto bene…ci capivamo al volo con uno sguardo…! Conservo in me la forza del tuo sorriso quando nella tristezza del mio essere sofferente, inquieto e solitario come il tuo mi consolavi nella mia perenne tristezza per le brutture dell’umanità dicendo che la vita è tutta un’illusione ed un passaggio e mi chiedevi straziato dalla preoccupazione per la mia futura serenità di non soffrire per tutti i mali del mondo, pur sapendo che sarebbe rimasta comunque una richiesta inutile….Il 21 12 2012 sei tornato a casa, la tua vera casa, dove tutti i cuori nobili dimorano. Te ne sei andato in silenzio, senza che nessuno sapesse niente, accanto a te, fino all’ultimo ,solo chi ti ha voluto bene veramente; il tuo amico da sempre Emilio Bardi. Grazie Emilio! Amico sincero e mai per niente opportunista! I clamori non son mai stati a te congeniali…Tu stavi bene da solo nei boschi e nell’immensità del mare. Hai aspettato che io ti dicessi di chiudere gli occhi e di salire in barca con me, come avevamo fatto tante volte insieme al nostro gabbiano Gabby. Hai aspettato che io ti dicessi che stavamo adesso camminando insieme nel bosco per prendere ancora dei rami di agrifoglio e pungitopo per poterli insieme dipingerli d’argento per poi regalarli ai tuoi amici a Natale….tu regalavi sempre qualcosa a tutti, anche se non era Natale…. Hai aspettato che io ti lasciassi partire sereno da questa dimensione terrestre verso la naturale dimensione di amore e di luce dalla quale il tuo grande cuore generoso ebbe origine ed io resto ancora un po’ qui, ….ancora un po’, avvolta dalla fierezza di sentir scorrere nelle mie vene il tuo stesso sangue nobile e nell’onore di poter rendere il mio omaggio al grande , silenzioso ed umile uomo che sei stato raccontando brevemente la storia che appartiene a te ed un po’ anche a me. Una storia di vita d’altri tempi che ti ha reso quella saggezza e quella lungimiranza che ti son state necessarie nel momento del distacco dalla materia per ritornare alla tua vera essenza di amore immortale, perché come mi dicevi tu, grande, saggio babbo avanti anni luce, o come si suol dire, “oltre”, la morte non esiste! La tua non esiste, perché i grandi cuori e le grandi menti resteranno per sempre nella storia e nei cuori di chi ha avuto la fortuna ed il privilegio di conoscerle ed arricchirsene e portarle con sé per sempre e per l’eternità e tu vivi in me e accanto a me ogni momento perché percepisco di te la tua presenza ed il tuo profumo costantemente. Grazie babbo per la preziosa eredità umana, culturale e di vita donatemi. Tutta la mia più profonda stima è per te, babbo Guido! Fiera di essere tua figlia.
Adesso sono un po’ stanca e ti saluto. Ciao. A presto babbo!
Barbara Gelain