"C'era una volta, la chioma di un pino che faceva ombra al mio giardino - scrive Alessandra Palombo - e da oggi non c'è più. In suo ricordo una foto".
Così, come la mia coinquilina (anzi condomina) afferma, è andata: per superiori supposti interessi di sicurezza delle opere murarie circostanti e dell'umanità che le abita (e pensare che il più fisicamente prossimo ai suoi rami era proprio chi scrive); è in corso di abbattimento l'ultracentenario. gigantesco pino che faceva da biglietto da visita a Val di Denari, la più maestosa pianta della località, già contado ma ormai città
Cancellata dal ronzio delle motoseghe un'opera d'arte costruita nel tempo, da quella pazienza che solo la natura possiede, un intreccio di mille rami su cui si sono fermate a cantare generazioni di uccelli, un polmone verde capace di generare un'infinità di tonnellate di buon ossigeno e digerire il fumo venefico degli scorreggianti veicoli che gli passavano sotto, a generazioni anche questi, dalle Balilla in poi.
E' stato giustiziato un essere vivente innocente, sul quale, per più un terzo di secolo si è posato il primo sguardo delle mie giornate.
Però non solo chi stende queste righe, ma l'umanità tutta da oggi è un po' più povera, e pure più brutta.
Un altro giro d'elica sulla rotta per lo squallore, alla via così.