Non so dirvi da quanto tempo abbia in cuore di farlo: credo da aprile, da quando Luca Polesi è venuto da noi all’Hotel Cernia ad allestire la sua mostra temporanea (lo so, si definirebbe permanente, considerato che ci accompagnerà lungo tutta la stagione turistica ma io preferisco chiamarla così, in omaggio alla liquidità di questi tempi instabili nei quali tutto cambia, niente è permanente, appunto). Dicevo, non so da quanto tempo io senta il desiderio di scrivere di Luca, di raccontare di una persona straordinaria, che vive con intensità e impegno l’isola, prodigandosi in mille attività di volontariato, prestando le sue mani (e il suo cuore) al fare collettivo come alla sua grande passione: quella di trovare una seconda vita agli oggetti. Di Luca ho amato fin da subito gli animali ricavati da cucchiaini, denti di ruspa, bidenti e biciclette (che, ho scoperto dopo, pare siano un veicolo prezioso perché di queste si riesce a non buttare via proprio niente!) ma è stato conoscendolo, parlandogli, osservandolo lavorare, che ho potuto intuirne il genio creativo ma soprattutto il valore umano, il calore gioioso del fanciullo che vive in lui e che fa capolino dal guizzo divertito del suo sguardo, quando racconta della volta in cui, per il compleanno, gli fu regalata una lavatrice in disuso che si divertì un mondo a smontare a caccia di avventure.
Luca vive al Filetto, a Marina di Campo e crea e ricicla in una piccola baracca stracolma di oggetti e apparente chincaglieria che lui trasforma sapientemente in animali copulanti, meduse volanti, gatti sornioni. Nel tempo sono arrivati premi e partecipazioni stimolanti (dal primo premio di grafica del Concorso Internazionale dell’Accademia il Macchiavello, passando per la partecipazione alla “Domenica del Villaggio” su Rete4, il premio speciale della giuria nel concorso “premio internazionale Cremona”, il 2° Premio con il Cavallo Scosso a Capalbio e la firma del Manifesto del Movimento Arcaista al 2° Premio Arcaista di Tarquinia). L’elenco dei successi potrebbe continuare ma non è la parte significativa della carriera umana di chi, come Luca, non ama parlare di sé e del suo talento e preferisce rifugiarsi nel suo mondo onirico, talvolta ironico e irriverente ma sempre colmo di un’umanità che coinvolge, appassiona, riempie lo sguardo di ammirazione. Quando ho conosciuto Luca, era impegnato nella realizzazione delle decorazioni in plastica riciclata per il riuscitissimo Festival dei bambini e mi ha subito colpito il suo impegno, perché ha avuto il grande pregio di mettere insieme anziani e bambini, togliendoli dall’alienante noia televisiva, facendoli incontrare, dialogare, giocare insieme. Mi piace raccontare del Polesi, perché significa parlare dello scoglio che gli ha dato i natali, perché c’è nel suo sguardo la stessa inquietudine dei giorni di maraccio e la limpidezza che è propria delle acque delle Ghiaie nei giorni di scirocco. Semplice, che non significa facile, è il sapore del fare di Luca, della sua capacità di emozione che ha il coraggio di osare nel trovare soluzioni e strade altre rispetto al consueto, che stupiscono, incantano, aprono prospettive nuove.
Nel mio viaggio tra le virtù e le ricchezze di un’isola troppo spesso conosciuta per i suoi limiti e le sue evidenti magagne, non poteva mancare una sosta in quel di Filetto, tra pedali, fusibili e bidenti, perché se, come penso, la bellezza è negli occhi di chi guarda, Luca è maestro d’arte ma soprattutto di vita, nel regalarci nuovo incanto e mai pago stupore attraverso i suoi occhi che tentano di afferrare le nuvole.