Chi scrive queste righe, giusto una ventina di anni fa si trovava, dopo essere stato l’ultimo segretario del PCI di Portoferraio, ad essere, senza soluzione di continuità, il primo segretario del neonato PDS portoferraiese; stava cioè su una “sediaccia” (poltrone in Piazza della Repubblica 4 non ce ne erano proprio), che a scadenza quinquennale, quando c’era da approntare la lista per le elezioni amministrative, diventava più scomoda e rovente, perché diverso, rispetto ad oggi, era il rapporto fiduciario tra i cittadini ed i partiti e da chi guidava la prima forza della sinistra ci si attendevano delle indicazioni, se non decisive, almeno“pesanti”.
Sindaco uscente era Giovanni Fratini, che stava compiendo il suo (non continuativo) terzo mandato. Qualcuno nel PDS puntava già da tempo ad una sua riconferma, io avevo idee differenti, pensavo che erano maturi i tempi per un rinnovamento, ed in questo senso agii per diversi mesi, inutilmente, perché non solo non si concretizzò l’alleanza (a sinistra) per la quale lavoravo, ma soprattutto non emerse la figura del possibile nuovo sindaco.
Così accadde che una domenica pomeriggio, ai tavoli del Ristorante Il Garibaldino (lato Piazza Cavour), davanti ad una pizza e con le rispettive consorti accanto, dissi a Giovanni che avevo cambiato idea, che per me doveva continuare per altri cinque anni (cosa che poi accadde) anche e soprattutto per preparare la sua successione aiutando a crescere un nuovo gruppo di amministratori.
Qualcuno, immagino, si starà chiedendo perché mai mi sono messo a raccontare una storia così poco interessante e tanto vecchia da riferirsi ad un tempo in cui non erano ancora nati i più giovani elettori che voteranno il prossimo sindaco portoferraiese, calma, che ci arrivo.
Il fatto è che mi è venuto da immedesimarmi (mutatis mutandis) in chi oggi ricopre un ruolo assimilabile al mio dell’epoca, nell’approssimarsi della scadenza elettorale.
Siamo ovviamente a formulare periodi ipotetici dell’estrema irrealtà, ma mi è venuto da pensare che se fossi io a decidere per il PD (evento probabile quanto trovare un orso polare in Congo), dopo aver valutato cosa offre il mercato politico ferajese, e dopo essermi sbattuto la testa, sarebbe più che possibile mi risolvessi di andare da Fratini per dirgli: “Giova’ .. ti ritocca, bisogna che tu ti ricandidi”, quasi certo che la sua risposta sarebbe: “O vattene in culo, fava!”.
Il problema, oltre le battute, è che nel frattempo (20 anni, mica steccoli) all’ombra del PDS-DS-PD ferajese, e zone collegate, è cresciuto poco o niente ed i (si fa per dire) protagonisti, visto che le new-entry di personaggi di rilievo si contano sulle dita di una mano monca, sono in buona parte gli stessi.
Se si prende poi atto che la situazione nel campo avverso, quello del centrodestra, è, anche se sembra impossibile, pure peggiore, equivalendo al vuoto pneumatico, si ha un quadro della “potenzialità di proposta politico-amministrativa” di un territorio che ultimamente ha partorito proteste su proteste, ma non concrete idee alternative di governo e loro possibili interpreti.
Ma la cosa francamente più sconvolgente è che, a nove mesi dal voto nessun soggetto politico, tradizionale o “nuovo” abbia iniziato a “muovere il culo” per costruire veramente, ed alla luce del sole, una “proposta decente”, nel senso di un programma di governo e per individuare un nucleo di cittadini a cui delegare (come dice la Legge) la guida della città, intorno ai quali costruire il consenso democratico necessario. Quasi ci si attendesse che il nuovo Sindaco ferajese ce lo portasse per incanto Babbo Natale, o nel maggior rispetto delle tradizioni locali, la Befana.
Così procedendo, anzi non procedendo, nel tempo della peggiore crisi economica, quando di maggiore innovazione e rinnovata efficienza della macchina amministrativa comunale avremmo bisogno, si naviga verso proposte (sia di persone che di programmi) formulate “all’ultimo tuffo” all’interno di quei clubbini oligarchici che ormai sono i partiti, senza che ci siano i tempi per il reale ed ampio coinvolgimento della gente (intesa come somma di individui e soggetti organizzati).
Vorrei veramente sbagliarmi ma ho la percezione che questa apparente “deriva” della barca cittadina sia in realtà una rotta che qualcuno (o più di qualcuno) ha tracciato verso i lidi della mediocrità delle soluzioni raffazzonate.
Ci vorrebbe un ammutinamento: occorrerebbe che i ferajesi di scienza e coscienza (ce ne sono, tanti, ai margini o fuori dalla politica, all’Elba e sparpagliati per il mondo) si mettessero al lavoro per una “costituente cittadina”, un informale organismo davvero senza etichette, capace di elaborare un programma di governo originale, capace di interpretare i bisogni di chi vive qui ed usare le enormi potenzialità di una città che ha uno sterminato patrimonio architettonico, paesistico, culturale, ambientale. Questo prima di scegliere, attraverso percorsi democratici quali le primarie aperte, il più adatto ed i più adatti a prendere il timone.
Una costituente dell’attenzione alla necessità della città e del disinteresse personale, i cui componenti mi piacerebbe non avessero l’assillo di trasformarsi necessariamente in candidati.
E occorrerebbe pure far presto, ma per fare presto, ho idea sia tardi.