Per designare la morte di qualcuno i romani usavano una formula molto bella poiché discreta e nient’affatto truculenta: <<É passato al mondo dei più>>. In effetti, il numero dei morti é superiore a quello dei vivi sicché la morte si dimostra l’unica vera istanza democratica di questo assurdo mondo: oltre a imporre l’uguaglianza fra grandi e piccoli, ricchi e poveri, potenti e inermi, ha sempre la maggioranza dalla propria parte.
Lamentiamo la fine della vita come bambini che piangono alla fine del lungo pomeriggio trascorso a una festa e non vogliono tornare a casa, anche se hanno tanto sonno e niente di nuovo a cui giocare, poiché gli sembra che tutto sia passato in un momento. Sempre il tempo ci sembra poco. Quello che ho trascorso in compagnia del buon Raoul é stato pochissimo. L’ho conosciuto circa un anno fa, non che avessimo molta confidenza, credo che non conoscesse il mio nome, ma si ricordava che sono siciliano. Ogni giorno, incontrandolo per strada, lo salutavo dicendogli semplicemente <<Ciao, Raoul>> e lui altrettanto semplicemente, con occhi appuntiti e sorriso sornione, mi rispondeva: <<Ciao, siciliano!>>. Ciao, siciliano. Tutto qui. Non credo che mi abbia mai detto altro. Da qualche giorno non ricevo più quel saluto. Mi manca. A volte le nostre parole ci aiutano ad aiutare gli altri, anche se non salvano nessuno.
Si é sempre detto che é la zavorra delle offese e delle ambizioni frustrate dei morti a frenare il cambiamento sociale verso l’ignoto, come in “La linea d’ombra” di Joseph Conrad il capitano morto ostacolava l’emersione della nave sotto il comando del nuovo capitano dalle sabbie mobili di una imperterrita bonaccia. Ereditiamo i loro rancori e le loro meschinità: poiché sono di più, ci costringono a saldare i loro conti, impedendoci di scrivere liberamente la pagina bianca che sogniamo. Sprechiamo la nostra vita vendicandoli, affinché poi i nostri figli debbano fare lo stesso con noi. Auguste Comte scrisse che i morti ci governano. S’impone il prestigio dei sepolcri e l’irosa moltitudine che li abita. Se un giorno i vivi potessero imporre ai morti il loro voto, se li sconfiggessero alle urne del presente, se riuscissero a far valere i loro diritti positivi sulla negazione rancorosa che viene dall’oscurità e dalla ferita falsità della memoria, allora, forse allora gli anni che non sono illuminati ci attraverserebbero definitivamente rompendoci allo squasso.
Ciao, Raoul! Coloro che si accontentano del poco che nella vita ci é concesso di godere, senza lamentarsi e pretendere nulla, meriterebbero una seconda opportunità.
Manuel Omar Triscari