Qualche sera fa ci arrivava una segnalazione dalle banchine piombinesi, secondo le quali in signore ferajese riccioluto ed un po' brizzolato, noto per la sua bonomia che nel caso però
si aggirava sul Fronte Portuale con l'occhio torvo, ed ululando minacciosamente, appalesando così di essere imbelvito come due iene.
Cosa era successo? Niente di importante per i grandi strateghi della navigazione nostrale, solo che una congiunta del predetto, una signora reduce da un delicato intervento chirurgico sostenuto in una clinica del nord-Italia, e forzata al trasferimento presso l'ospedale di Portoferraio, dopo quattro ore di viaggio in ambulanza si era vista negare l'accesso al primo traghetto in partenza per l'Elba.
Lei ed il suo imbufalito congiunto scoprivano infatti, quanto sicuramente noto agli operatori, ma ignorato dai cittadini comuni, e cioè che nessun traghetto della Compagnia Moby consente il passaggio dei degenti più gravi, quelli che non si possono scendere dall'ambulanza, che sta in ponte garage, e salire ai ponti passeggeri. Il comandante del traghetto può fare delle eccezioni, laddove il passaggio sia specificamente richiesto dall'ASL, e il paziente sia in pericolo di vita (disposto quindi applicabile solo sulla tratta in uscita dall'Elba).
Insomma da paziente trasportato su gomma si viaggia su Moby solo se stai relativamente bene o se rischi di lasciarci le penne da un momento all'altro. Ma perché tutto questo? Perché i meravigliosi traghetti balenotteri, che tutto il quarto mondo ci invidia, non hanno ponti garage dotati di impianti di areazioni ritenuti evidentemente sufficienti, dalle Autorità Marittime che hanno emesso i relativi provvedimenti, a garantire il trasporto in sicurezza dei degenti.
E allora? Se si è in ambulanza bisogna attendere un altro mezzo del monoduopolio però targato TOREMAR meglio se l’Aethalia –ci dicono - istillandoci un altro poco di preoccupazione, come meglio se? Vabbuò!"
La vicenda da cui muove questo nostro scritto si è risolta positivamente anche perché lo Zottola, come disse Bob (il cinghiale quando si incazza diventa una bestia) veramente inquietato ha fatto alla fine valere le sue ragioni partendo con l'ambulanza cetaicizzata. Ma è bene d’ora in poi che specie chi deve ricondurre all’Elba in ambulanza i suoi cari, tra le molte rotture di coglioni di cui si deve far carico, si preoccupi non solo degli orari, ma pure dei vettori previsti in linea.
Passando di palo in frasca, ma restando sempre in argomento del trasporto marittimo, si segnala questo telegrafico post apparso su un social network a firma di Federico Coletti corredato dalla foto che guarnisce il pezzo:
"Grazie Onorato di averci rimesso il Giraglia. Non c'è ascensore Non puoi rimanere in garage Sono le 7 e siamo davanti allo Scoglietto, vomitano tutti. Questa è la continuità territoriale".
In effetti il nostro Fede giustappone, a mo' di saluto, al termine della sua allocuzione un sostantivo scatologico che non riportiamo, ci permettiamo però di aggiungere ai suoi onorevoli ringraziamenti, quelli personali nostri per i T.T.T. (troppo tardi trombati) assessori regionali ai trasporti Conti e Ceccobao, che uno concepì l'altro partorì questa meravigliosa privatizzazione dei trasporti marittimi regionali, degna del migliore esperto in allevamento di ovini, e per il PD (quello locale in testa) che ultimamente non ci pare aver fatto scelte amministrative molto vispe, ma che in questo caso, non ci ha capito proprio una sega. Quanto alla continuità territoriale, caro Fede, iniziamo a temere che essa sia da intendersi come la rassegnazione al fatto che i selvaggi elbanesi dimoranti in questi territori debbano, senza soluzione di continuità, sentirselo sdrucciolare infra le mele (vomitando se occorre).