Orbene, il capostipite dei Tardò, mio padre, Fortunato (Beppe) classe 1902, nutriva una sostanziosa avversione per le chiese in generale e per i papi in particolare.
Più di tutti odiava il pontefice in carica quando ero bambino, cioè Pio XII°, al quale non perdonava (a perfetta ragione) la scomunica dei comunisti, il silenzio sulle leggi razziali fasciste e la shoah, e la complicità vaticana nella fuga in Sudamerica di molti gerarchi nazisti.
Tale era il disprezzo che nutriva per Papa Pacelli che quando gli si riferiva, per individuarlo usava la affettuosa allocuzione “quell’insettaccio di Roma”.
E pure dopo che Pio XII° se ne andò (con l’immaginabile cordoglio di Tardò) al Creatore, ci mise un bel po’ ad ammettere (a denti stretti) che con quel sant’uomo di Papa Giovanni la musica stava cambiando. Mi ricordo che suggellò una sua accanita discussione, fuori del Bar Roma, che lo contrapponeva ad un amico democristiano, con una battuta di una brutale genialità: “E ninna co’sto Papa-Bono! … aora se sete voi a di’ che questo qui è il Papa-Bono (voi eh!) avevo ragione io a di’ che tuttillaltri d’ereno merde!” (trad. Ancor ribadite che questo è il Papa-Buono? Orsù se proprio voi lo definite tale, a mo’ di distinzione, date sostanza al mio giudicare i suoi predecessori dei cattivi soggetti!”).
Ordunque, atteso che “chi gallina nasce ‘n tera ruspa e il lupo ‘n caca agnelli” (trad. il sangue non è acqua), pure io Tardò (fieramente) e comunista sono, e quanto alle convinzioni filosofico-religiose mi sono spostato dall’ateismo militante paterno solo su un appena più tollerante essere agnostico.
Capisco che la stragrande parte del genere umano se ne impippi bellamente di come la pensi, ma ho ritenuto doveroso precisare quanto sopra, perché dopo la mostra fotografica di quest’estate (da cui è tratta la foto che “guarnisce” l’articolo) per la quale mi sono prestato al gioco della ditta Beneforti-Magnoni-Pisaneschi-Ranfagni, posando sia nelle vesti di Peppone che in quelle di Don Camillo, e soprattutto dopo l’elogio di Papa Bergoglio pubblicato ieri, ho intercettato voci relative ad una mia quasi senile conversione, dettata forse da un quid di un sempre possibile subitaneo rincoglionimento.
Ribadisco che così non è, non ho il dono della fede, il che non mi impedisce di notare, con la insaziata fame di sinistra che mi rimpasto, abituato all'esangue PD da brodo di dado che passa il convento, che Papa Francesco mi fa l’effetto di un Mao Dze Dong (un po’più radicale)