Il precedente sindaco di Porto Azzurro, così poco propenso a farsi da parte da imporre la sua presenza, almeno in consiglio anche al proprio “delfino”, a lungo vagheggio (beh vaneggiò pure) che Porto Azzurro con la realizzazione di un bel Casinò, diventasse la Montecarlo dell'Elba e fosse per questo miracolosamente inondata da un fiume di soldi.
Bene, appare ormai chiaro che grazie alla oculatissima gestione delle finanze pubbliche attuata dal maturo capataz vaporino, durante la sua eterna permanenza nel palazzotto palmato, Longone di questi tempi più che il Monte Monegasco richiama l’immagine del Monte di Pietà.
Cosa accadrà a Porto Azzurro dopo l’ultimo pronunciamento del TAR, lo dice “spietatamente” la minoranza consiliare (che cita disposti di Legge) in un documento (già pubblicato) di cui è bene però tornare a proporre un passo:
Dichiarando il dissesto Sindaco e Giunta in primis, perderanno gran parte della loro autonomia, ma a pagarne il prezzo sarebbe ancora una volta la cittadinanza, con un aumento delle imposte, delle tasse e dei canoni comunali nella misura massima consentita dalla legge, con l’eliminazione dei servizi non essenziali, e cosa ancora più grave, un rischio per alcuni posti di lavoro, dovendo il Comune rideterminare la propria pianta organica. In pratica uno scenario da incubo. Ma non migliore sarebbe la situazione se il Comune non dichiarasse il dissesto; in questo caso ci sarebbe lo scioglimento degli organi e l’arrivo di un Commissario Prefettizio con l’incarico di assumere le funzioni degli organi politici.
Comunque vada, ci par di capire, questa compagine di governo “o campa poco o more presto”, e tra non molto ci sarà da riedificare un comune sulle macerie amministrative del recente passato.
Ci permettiamo, visto che siamo davvero alla Tabula Rasa, di suggerire ai cittadini, a cui si chiederà di porre rimedio con il loro danaro agli altrui fallimenti, di iniziare con una botta d’orgoglio, rivendicando che il comune torni alla sua storica e fiera denominazione di Longone.
Liberarsi da quell’artefatto, finto, zuccheroso, cartolinesco e cartapestesco “Porto Azzurro”, avrebbe il valore simbolico di rappresentare un taglio netto con un passato buono per vecchi zuzzurelloni, cementificatori e ludopati, nonché inclini a vivere di rendite che non ci sono più, ed aprirsi ad un futuro di serietà, di impegno, di lavoro nel rispetto sacrale della prima risorsa turistica elbana: quella ambientale.
E sotto lo stemma rinnovato, del rinnovato comune longonese, potrebbe apparire a mo’ di motto, un’ammonitrice scritta mutuata dalla saggezza dei nostri vecchi:
“Chi dal gioco del lotto aspetta soccorso mette il pelo come l’orso”