Vorrei tentare di spiegare uno dei mille paradossi della scuola pubblica italiana, e magari rendere la figura bistrattata dei proff. un po' più meritevole di umana comprensione da parte degli ignari cittadini della Repubblica.
Il profilo del prof medio è già di per sé storia lagrimevole: 50 anni portati male, guardaroba logoro, miopia devastante, esofagite da reflusso gastrico (o in alternativa discopatia invalidante). Questi i tratti fisici caratteristici. Sul versante contrattuale, il prof medio si contraddistingue per precarietà decennale, pendolarismo spinto, e retribuzione irrisoria. Ma a questi malanni, il nostro vecchio prof. si sottopone ormai senza lamentarsi troppo, in fondo è ancora convinto di svolgere uno dei più bei mestieri del mondo, e la soddisfazione personale è il miglior antidoto a tutto il resto.
Ci sono occasioni in cui, però, si concede a momenti di sconforto, schiacciato dal peso di imprevisti non solo non calcolati, ma neanche lontanamente ipotizzati. Sì perché il nostro prof. è personcina precisa e previdente e sa, alla luce delle nuove leggi in materia, che in qualità di precario ha bisogno di prendersi quella maledetta abilitazione che gli garantirebbe la promozione in seconda fascia delle graduatorie provinciali, condizione sine qua non per continuare a lavorare negli anni successivi.
Tutto questo perché gli almeno 10 anni di servizio pregresso non contano più nulla, lo Stato te li azzera e buonanotte. Allora, il nostro paziente prof deve intraprendere un incerto cammino entrando in un tunnel surreale puntellato da sigle e acronimi sibilanti e sibillini: alle ex Ssis si sostituiscono i Tfa, che in corsa diventano Tfa speciali e poi mutano in Pas. In soldoni, si tratta di corsi postuniversitari a pagamento (2.500 euro) dove ti insegnano ciò che tu hai già insegnato per dieci anni (nozione più, nozione meno). In virtù di questo, il nostro prof. ad inizio anno ha già inoltrato la richiesta del permesso di studio (150 ore in tutto) per poter seguire i corsi con tassativo obbligo di frequenza. Ma, sorpresa, ad almeno una cinquantina di insegnanti (tra cui diversi elbani) il diritto non è stato riconosciuto (perché fuori contingente massimo provinciale). Perciò le alternative sono due: o licenziarsi per poter lavorare in futuro, o continuare a lavorare per l'ultimo anno.
Sappiamo già che il nostro volenteroso prof. sceglierà la terza via: si troverà a svolgere il proprio servizio la mattina nelle scuole (elbane) ed a frequentare i corsi nelle università del Continente il pomeriggio, arrivando sempre in ritardo e con il tramezzino sullo stomaco. Cosa saranno mai quelle sei ore di viaggio al giorno, confidando sulla ormai comprovata efficienza del sistema monopolistico dei traghetti e sul prevalere della buona stagione sulla smania allertante della Protezione Civile. Allora buon viaggio, caro, vecchio, testardo prof.!
EM