In anticipo sulle pulizie di Pasqua prendo l’eroica decisione di pulire e riordinare la grande consolle-scrivania della stanza che funge da “redazione” di Elbareport, ridotta in stato pietoso dalla cenere e dal tabagistico catrame depositato dal fumo, dalla semestrale polvere infarcita di frazioni pilifere animali e umane, macchiata dalle gocce di caffè, occupata da stratificazioni di: bugiardini medicinali, avvisi di assemblee condominiali alle quali non partecipo per motivi religiosi (ogni volta scriverei un nuovo capitolo de “Il moccolo nel terzo millennio”), foglietti pieni di appunti ormai indecifrabili e numeri di telefono inutili perché senza nome accanto, una quantità di penne in massima parte non funzionanti, bigliettini di Baci Perugina con annessa favata del giorno, accendini scarichi e non, pezzi di cellulari defunti briciole di taralli smangiucchiati frammiste a documenti vari e “utilissimi” indispensabili oggetti da scrivania come un righello e una lente d’ingrandimento mai usati.
Dietro, tra il piano di lavoro e il muro, dove l’occhio non vede, ma il cuore duole assai, l’inestricabile groviglio di fili colleganti le diavolerie elettroniche a formare una sorta di nodo gordiano e l’ideale habitat per i topi che per fortuna ancora non lo hanno colonizzato.
La collaborante all’impresa, mentre mi chiedo se sia meglio iniziare passando lo sgrassatore o lanciando una bomba a mano, mi porta volenterosa una boccia di alcol… la tentazione della “soluzione finale” di dare fuoco a tutto è forte, ma resisto.
Più che una pulizia è un restauro: dopo un paio di orette ho riempito un sacchetto di spazzatura; il mobile, “rimediato aggratisse” ma firmato Foppa-Pedretti (deh, mica si frigge coll’acqua!), ha riacquistato il suo originale colore bianco i piani sono sgombri, i fili dipanati i documenti utili riordinati e impilati, sulle già lezze tastiere sono miracolosamente riapparsi lettere e numeri, gli schermi accesi dei PC, nettati da quella patina, quivi chiamata “loia”, ora brillano.
Di fronte a tanta magnificenza mi compiaccio.
E sono contento pure perché nel riordino ho recuperato un vecchio documento che credevo smarrito per sempre, è una lettera datata 1973, uno spiritoso e gentile ringraziamento per la segnalazione di un curioso episodio.
La firma che porta in calce è quella di Fortebraccio (pseudonimo di Mario Melloni) il più bravo autore di corsivi d’ogni tempo, un gigante della satira.
Riavviati i programmi il primo pezzo che mi trovo a lavorare è uno scritto firmato “Tiro Fisso Nodoso” che riporto qui di seguito.
“Ho letto che qualche attivista del 5 stelle si offende se lo chiamano "Grillino"....Ma cosa si deve aspettare uno se il linguaggio del suo guru (indipendentemente dal fatto che molte persone di questo elenco dovrebbero smettere di fare politica.. e uno dovrebbe essere in galera..) è questo: ALEMANNO «Aledanno»,SILVIO BERLUSCONI «Psiconano»;«Testa asfaltata»; «Big Jim», BERSANI «Gargamella»; «Zombie»; «È un quasi morto», BRUNETTA «Brunettolo», FASSINO «Salma», FERRARA «Container di m... liquida», FORMIGONI «Forminchioni», FORNERO «Frignero»; «Vispa Teresa», GASPARRI «Fattucchiera», GELMINI «Enterogelmini», MARCHIONNE «Marpionne», RITA LEVI MONTALCINI «Vecchia putt...», MONTI «Rigor Montis»; «Mendicante», NAPOLITANO «Salma»; «Morfeo», PRODI «Alzheimer», RENZI «Ebetino di Firenze»; «Il pollo che si crede un'aquila»; SENATORI A VITA «Decisivi e non muoiono mai», VELTRONI «Topo Gigio»; VENDOLA «Supercazzolaro»; «Buco senza ciambella», VERONESI «Cancronesi»...”
Premetto che a mio parere risultare comici senza apparire scemi è difficilissimo: attore, o scrittore, conduttore o giornalista, provocare commozione è facile: un po’ di furbizia ed un po’ di mestiere e la lacrima spunta; per far ridere, senza o con moderato uso della scorreggia o della reiterata parolaccia, un po’ di intelligenza, di cultura e di classe ci vuole.
Ma il confronto che mi viene da fare tra la genialità (spaziando da destra a sinistra) di un Guareschi, un Flaiano, un Marchesi e i supposti autori comici che vanno per la maggiore è impietoso.
Figuriamoci quando mi ritrovo a pensare alla educata colta perfidia con cui Fortebraccio in pratica ogni giorno “distruggeva” un politico, un potente che prendeva a bersaglio, e paragonarla con la corriva volgarità totale del Grande (becero) Fratello, ed ai suoi insulti da osteria.
Il “Tiro Fisso Nodoso” ha ragione, ma così come è sbagliato confondere i sintomi di una malattia con la sua causa, è importante capire che il finto-iracondo ricchissimo guru genovese (seguito, e soprattutto votato, peraltro da un sacco di gente perbene ed arrabbiata a giusta ragione), non è il Male in sé, ma il prodotto (anche commerciale) ultimo, di un degrado culturale che ha iniziato ad affliggere il nostro paese, al ciarpame spazzaturiero diffuso dalla tv prima e dalla “rete” in tempi più vicini, una deriva verso il disvalore e verso l’incultura, verso l’apparire in luogo dell’essere, propiziata e quasi eretta a sistema da Berlusconi e dai suoi fideistici emuli.
E proprio il fideismo, coniugato con la demagogia, con le strade bugiarde quanto apparentemente semplici e suggestive per un nuovo Eldorado, coniugate con il disprezzo per chi dissente per chi deflette dalla linea, che caratterizza la cosiddetta nuova o riciclata stagione politica. Si chiamino i suoi massimi interpreti Beppe, Silvio o Matteo il tratto comune c’è.
Questo paese ha bisogno di più e di meglio che degli uomini della Provvidenza, ha bisogno di democrazia reale, non simulata e virtuale né delegata, ha bisogno di una massiccia iniezione di buona scuola, buona cultura, buona ricerca, ha bisogno di solidarietà di legalità, di tolleranza e di “austerità” nel senso più berlingueriano del termine, solo da là si può partire per una “rifondazione nazionale” ineludibile che conduca ogni cittadino alla potenzialità di ragionare con la propria zucca.
Si tratta (e si direbbe qui: hai detto scansati!) di far maturare nuove coscienze civili, un processo lunghissimo, perché se lo spazio temporale di una generazione ci ha condotti al degrado, temo che la virata per invertire la rotta durerà altrettanto.
Per sistemare la mia scrivania ci ho messo due ore, ho idea che per “sistemare” il loro Stato gli italiani ci metteranno parecchio di più.