Il pokerino del sabato notte quella volta era stato fissato nella casa al mare di Leonardo a Norsi, ma nessuno di noi sapeva bene come arrivarci, e le spiegazioni di Leo, che ci aveva preceduto e ci aspettava, erano state così lacunose che ci trovammo, con i salvifici telefonini che ancora erano nella mente di un Giove tecnologico, al buio, in pratica spersi tra macchia campi e viottoli, a cercare a tentoni, inciampando, moccolando e berciando di tanto in tanto, inutilmente, il nome del nostro agognato ospite.
Ma, ad un certo punto, alla nostra invocazione, distante pochi metri, fece riscontro dalle fitte tenebre un furioso, potentissimo, raggelante latrato. “E che è – disse impaurito e sommessamente il Pellicano – un vitello?”
Erano tempi quelli in cui era stata varata la riforma dell’equo cànone e Marcello Cimino, inchiodato sul posto al pari nostro, non si fece scappare l’occasione per una delle sue raffinate boutade impreziosita dalla sua marcatissima “erre moscia”: “Vagazzi, speviamo che sia un equo canòne, pevché se è un iniquo canòne sono cazzi nostvi!”
Il canòne si rivelò abbastanza equo, ci lasciò allontanare prudenti senza inseguirci, poi finalmente giungemmo a destinazione con lo scambio di cortesi convenevoli “Ce l’avete fatta a arrivare fave lesse!” “Vai in culo Moko!” (allora così - Moko – appellavamo il dott. Preziosi).
Accoccolata pigramente presso di noi oggi, come tutti gli altri giorni, si sta una massa costituita da una sessantina e passa di chili di muscoli e peli bianchi, chiamata originalmente “Bianca”.
A 8 anni Bianca si deve considerare una signora anzianotta, ma ha ancora molte energie se è capace, come le abbiamo visto fare, di frantumare un osso di prosciutto con un morsetto; a sentire poi gli “espertoni cinofili”, con il sangue del maremmano e dello spinone che ha, sarebbe un potenziale feroce cane da guardia, una macchina aggressiva da cui guardarsi, e invece sopporta stoicamente le torture inflittegli dai numerosi pargoli temporaneamente presenti in casa, e perfino le prepotenti “arpate” della gatta che ha conosciuto in tarda età.
Quanto alle sue funzioni di guardia, visto che neppure abbaia, c’è da sperare solo che il folle aspirante mariuolo che si introducesse a casa nostra, dove le uniche cose di un certo valore che vi sono custodite sono migliaia di libri (ma ce lo vedete uno scassinatore bibliofilo?) , fosse per giunta schifiltoso e fosse messo in fuga dalle potenti leccate che Bianca, che è un’equa canòna, distribuisce democraticamente scodinzolando a tutti coloro che entrano in casa.
I cani avranno pure una loro indole ma, come i bambini, si educano, e tendono a imitarci.
Se si è dei paurosi, dei gelosi delle nostre preziose esclusività, angosciati che qualcuno possa aggredirci e spogliarci, trasmetteremo queste angosce ai nostri animali, e se addirittura coltiveremo la loro aggressività, la frittata sarà comunque fatta, perché ben addestrati quanto vogliamo, il loro discernimento non sarà mai tale da distinguere il postino dal ladro. Queste bestie, infinitamente meno felici della pacifica Bianca, sono trasformate in autentiche, micidiali, armi e, atteso che sia necessaria ed eticamente accettabile la violenza che subiscono, che ne fa degli strumenti, debbono essere custoditi e vegliati, come armi. Chi non lo fa, a nostro avviso, dovrebbe essere, almeno, pesantemente sanzionato, ed interdetto da poterne disporre.