PIANOSA. Intorno alle 14,10 sono salito di nuovo sulla motonave Bellini dopo aver passato quasi tre ore nella assolata e bella Pianosa. Il 9 ottobre il clima è parso essere identico a quello d'agosto e non caso qualcuno ha approfittato facendo un gradevole bagno nel mare trasparente e blu di Cala Giovanna. Una escursione per riscoprire ancora una volta un delitto. Non quello che avvenne nel 14 Dc. del discendente di Augusto, tale Agrippa Postumo, ucciso nella sua villa romana pianosina. Un delitto che si sta compiendo da tempo, lungo 14 anni, con quale si stanno “avvelenando” 10 chilometri quadrati circondati dal Tirreno, un sito ricco di beni naturali, architettonici e storici. Chi è il colpevole? Tutti, a partire dagli Enti che non riusciti ad eliminare il degrado in un paradiso che è un bene dell'umanità, e al limite colpevoli anche tutti noi che accettiamo lo stato delle cose. Ma di questo parleremo in altra occasione, sebbene fiumi di parole si siano già spesi sul tema.
Al mattino, con un piccolo gruppo di escursionisti, avevo visitato le catacombe, e Adolfo Tirelli ci aveva accompagnato alla mostra fotografica realizzata da anni dalla sua associazione "Amici di Pianosa", che documenta, anche con varie pubblicazioni, tutti gli aspetti storici e geografici della piatta isola. A Pianosa la nostra associazione vorrebbe porre tracce, documenti, di un carcerato particolare che fu recluso dal 13.11.1931 al 9.9.1935, come detenuto politico durante il fascismo, insieme ad altri oppositori di Mussolini. Parlo di Sandro Pertini che libero dopo oltre 16 anni di privazione della libertà, seppe poi diventare nel 1978 Presidente della Repubblica. Intanto nel 2013, d'intesa col Comune campese, metteremo un pannello informativo.
Un' isola quindi che per 140 anni, dal 1858 al 1998, è stata un carcere, articolo 41 bis compreso e agli inizi del Novecento aveva circa 2000 persone presenti. Siamo andati in giro ad ammirare o a sdegnarsi per il negativo che si vedeva. Abbiamo scattato centinaia di foto, con noi il vice prefetto dell'Elba Giovanni Daveti, che non visitava l'isola da molti anni.
Tornando alla cronaca della giornata nella sua fase conclusiva, non potevamo immaginare che davanti al porticciolo più bello del mondo (dove di notte decine i barracuda fanno "scorte" per poi ritirarsi in massa) avremo sostato per quasi 4 ore, prima di ripartire.
Appena saliti a bordo per lasciare il luogo, come hanno fatto altri, sono andato in coperta (sbaglierò diversi termini...non ho niente a che fare con la marineria) e mi sono goduto il panorama della cittadina cartolina, con le sue costruzioni antiche ricche di merli, case arroccate sulla roccia come il forte Teglia i cui lavori furono fatti avviare da Napoleone, mentre era esiliato all'Elba nel 1814. Ed ecco che l'àncora viene tirata su per la partenza. Ma noi si parte. Si nota una certa concitazione tra il personale della nave, addetti che vanno e vengono e poi una voce che viene dal basso della nave, dove qualcuno fa delle manovre, che dice. "Abbiamo perso l’àncora”. E’ stata una frase è passata di persona in persona, ma a molti dei 23 passeggeri non poteva dire molto, eravamo ignari dell’importanza del fatto. Ignari che la partenza si avrebbe avuta alle 18, dopo circa 4 ore, grazie al fatto che non mille manovre il pezzo metallico, dal peso di 1800 chili, unitamente a 50 metri di catena finti in mare, sarebbero stati alla fine recuperati. “Per noi l’àncora di dritta è fondamentale - ha detto poi il comandante Antonio Mendella, che mi ricevuto in plancia- la utilizziamo qua a Pianosa e altrove per la stabilità del mezzo. Ci siamo scusati con tutti voi che avete avuto la pazienza di attendere tutte queste ore, ma averla recuperata è un grande successo. Si era incagliata in una secca, in una roccia sottomarina, e un kenter o maglia falsa, che unisce le catene, non ha resistito allo sforzo e si è spazzato, facendo cadere a mare 50 metri di catene e l’àncora. Ora a Piombino abbiamo già il pezzo nuovo che ci attende e potremo rivedere l’àncora nella sua piena funzionalità”. E senza dubbio grande importanza nelle reiterate manovre che ci sono volute per “pescare” i 1800 chili di ferraglia, l’ha avuta Alessio un giovane marinaio del Bellini, che è anche sub, il quale si è gettato, con tanto di tuta, in mare. Ha nuotato in lungo e in largo ed è riuscito a localizzare il punto dove era finta l'ancora. E' andato aventi e indietro dalla nave dimostrando una condizione fisica perfetta, ha messo poi delle taniche come segnale nel luogo dove in fondo al mare si trovava il materiale da recuperare. Con lui da segnalare gli ormeggiatori, che seguono la nave per le operazioni di ormeggio, che hanno assistito a tutto l'impegno fornendo al propria opera e anche suggerimenti del caso, e determinante anche l'apporto di sommozzatori, guidati da Massimo Giudicelli, portoferraiese, che hanno fatto numerose immersioni, muniti di bombole, per riuscire poi ad agganciare la catena che teneva l'àncora, alla fine tirata su con il verricello della nave. Un'operazione difficile, ripetuta più volte che ha richiesto molti interventi.
Noi passeggeri abbiamo mantenuto la calma, in diversi hanno perso coincidenze per i notevole ritardo, per tornare alle proprie dimore che si trovano fuori Elba, nel cosiddetto continente. Ci è sembrato di partecipare all'impresa e la riuscita ci ha in qualche modo dato soddisfazione. "Una tenacia e una abnegazione notevoli- ha detto il cavese Baleni- recuperato un bene che ha pure un certo valore economico. E pensare che certi nostri governamenti si impegnano invece negli sprechi quando non compiono di peggio". Passeggeri certamente in qualche modo provati, ma sostenuti dall'equipaggio, con i testa Spinetti che si prodigava insieme ad altri, per rifocillare la gente. Dal bar abbiamo ricevuto abbondanti cappuccini, panini o gelati e quanto altro. Presenti due anziane pianosine della famiglia Mazzei Braschi che hanno detto di non aver mai vissuto un esperienza del genere. "L'àncora- ha fatto notare uno dell'equipaggio - si ruppe anche 17 anni fa". E un camionista che viaggiava sul Bellini ha detto: "Altre volte l'àncora è stata levata con difficoltà. Il fondale è accidentato e diverse volte ho assistito a complesse manovre per disincagliarla. Se fossero posti dei corpi morti con galleggianti, su cui ormeggiare la nave, questi problemi non esisterebbero".
BRAMANTI
CIRCOLO CULTURALE SANDRO PERTINI ELBA
"GALLERIA FOTOGRAFICA SULL'ARTICOLO NEL SITO DEL CIRCOLO PERTINI"