Cafiero ritira la squadra ovvero seconda parte del vecchio campo sportivo di Mola.
PARLACI UN PO’ DI TE. “ Facevo servizio di cantoniere militare, avevo in consegna la strada che dal Vecchio Papa va ai Marmi, venivo da Procchio tutti i giorni con la bicicletta e arrivavo al dazio, dove alla grossa pietra mi aspettavano i ragazzi per andare a piedi a Mola, non passavo neanche da casa dove avevo moglie e figli.”
LE CONDIZIONI DI GIOCO SONO PARAGONABILI A QUELLE DI OGGI? “ No di certo, giocavo a pallone scalzo, scarpe non ce n’erano, quelle che avevo, la sera venivano controllate dalla mamma,se erano sciupate erano legnate, perché avevo quelle sole, se le consumavo restavo scalzo. Una volta a Portoferraio, in un’amichevole con l’Elbana, avevamo per la prima volta le scarpette da gioco grazie all’impegno di Fiorenzo, che faceva lo scarparo vicino al bar del Zoppetto, che le fece venire da Piombino. Mi dettero il 44, ma siccome avevo sempre giocato scalzo, il piede s’era allargato e non ci fu verso di farle entrare. L’arbitro senza scarpe non mi voleva far giocare, stavo per rinunciare quando lo stesso mi suggerì di iniziare con le scarpe e dopo un po’, senza che nessuno se ne accorgesse me le potevo togliere. Così fu.
ALLORA IL PALLONE ERA UNA VERA PASSIONE! Per me il pallone era una vera passione, nessun altro divertimento mi poteva imbrogliare, in piazza mi bastava vedè rimbalzà ‘na palla che diventavo matto.
LA TUA SQUADRA L’AVEVI ORGANIZZATA DA SOLO? L a feci insieme a Ughino, Patatino e compagnia, ma piano piano mi misero fori, me ne scappai davanti a Ughino, ci misero le zampe loro col partito, ci mandarono Matteotti, De Gorelli, avevamo un bel corredo completo, a questo punto dissi :Non ci siamo, ho sempre rifiutato di fare una squadra del genere anche quando me l’ha chiesto il mio partito, perché lo sport è sport e il partito è il partito. A quel tempo la sede del centro sportivo era ( dove adesso c’è la boutique di Giorgia) una stanza che ci aveva dato la signora Blankenagel, lei fece anche il campo sportivo che ha preso il suo nome “Ilse”. La stanza era anche centro sociale, dove i ragazzi si ritrovavano. La televisione non l’aveva nessuno in casa, era solo nelle sedi dei partiti.
IL CAMPO DI MOLA CHI L’HA FATTO? “ Lo abbiamo fatto con le nostre braccia, in quel piano c’erano tutte giunchiglie, canne etc. Quando andavamo portavamo anche le zappe, 2 ore per pulire e 2 ore per giocare.”
IL CAMPO ERA SEGNATO CON LE RIGHE? Si era tutto a posto solo che era piccolo, misurava 50 metri per 40.
VI HA MAI FINANZIATO NESSUNO OLTRE LA SIGNORA ILSE ? No mai nessuno ad eccezione di Citriolo, a quei tempi era un uomo di quattrini, ci promise che se vincevamo o pareggiavamo contro l’Elbana ci avrebbe dato 20.000 lire. Guardate che a quei tempi 20.000 lire erano quattrini, erano milioni di oggi. La partita terminò con un pareggio, spiegai a Diversi, responsabile dell’Elbana, tutta la storia,mi rispose : “Cafiè ti facevo più furbo, se me lo dicevi prima te ne facevo vince cento di partite.”
QUINDI SIETE STATI ONESTI! Altro che toto nero, certo non dissi niente a nessuno altrimenti mi facevano vincere.
TI RICORDI QUALCHE PARTITA FAMOSA A MOLA? Quando si giocava col Porto Azzurro era una baracca, facevamo sempre a cazzotti tra il pubblico, io a cazzotti non ho mai fatto.
SI PAGAVA IL BIGLIETTO? I longonesi pagavano il biglietto, i capoliveresi no, loro si mettevano dalla loro parte e noi dalla nostra. Mi ricordo che Ottorino di Naregno, era della mia età, mi disse di fare in modo di spartire l’incasso. Gli risposi che era impossibile perché loro pagavano e noi no.
IL TIFO ERA ACCANITO?” ‘Un te l’augurà! A quei tempi, ero da poco sposato e avevo il bimbo piccolo, alla mi moglie non le piaceva il pallone, i longonesi mi vennero a cercà per fa una partita contro Rio Marina, ci presero con una motobarca e ci portarono a Mola, dove ricevetti grandi spicchiate di mani. Anche la mi moglie ci prese passione e cominciò a urlà compagna a loro, aveva fatto presto a piglià il male.”
ALLORA A QUEI TEMPI VI PRESTAVATE I GIOCATORI ? Quando non giocava il Capoliveri giocavo nelle altre squadre.
COM’ERA IL PALLONE ? Era di cuoio cucito, aveva una bocchettina di metallo, quando davi di testa se la prendevi ti facevi male, siccome io ero forte di testa, giocavo con una pezzola legata sulla fronte. Quando la palla andava in mare alcuni di noi si tuffavano. Il Pulicino, che io chiamavo il mulo, si tuffava in mare sudato anche d’inverno.
I LONGONESI DICEVANO CHE IL CAMPO DI MOLA APPARTENEVA ANCHE A LORO. Quando si ammalò Salvatorino, che era podestà, lo sostituì un commissario prefettizio, il nonno di Michelangelo Corsetti. I longonesi pretendevano il campo, noi reclamammo e il commissario tartagliando ci disse : “ Che che che vole questo Rodrigo di longone ? Il campo è nostro!!
Andò a Longone a parlà con Rodrigo e gli disse :” Che che che se non stai zitto ti levo anco la chiesa perché Capoliveri confina con la chiesa!”
FINE SECONDA PARTE