Sarà proprio un esame indimenticabile. Dalla prossima settimana, migliaia di studenti saranno alle prese con l'unica prova in presenza, un colloquio di circa un'ora, a cui si aggiungono gli elaborati presentati precedentemente.
Seguiamo lo studente, che per comodità chiamiamo Derri.
Convocazione ore 10 nella scuola sede d'esame.
Ore 9,45, non prima, accompagnato da una sola persona, Derri ha la mascherina ed è davanti all'ingresso della scuola. <<Oddio! L'autocertificazione? Dove l'ho messa?>>. Eccola. Rapido controllo. Nessun sintomo di difficoltà respiratoria e la febbre non supera i 37 gradi e mezzo (per scrupolo, Derri l'ha controllata due volte: prima di uscire da casa e alle 9,30). <<Sì: non sono stato in quarantena o isolamento domiciliare negli ultimi 14 giorni e non sono a conoscenza di aver avuto contatti con persone positive negli ultimi 14 giorni>>.
E' un po' più tranquillo perché sa che senza l'autocertificazione, non è possibile accedere alla scuola. Invece, in caso di non presenza delle suddette condizioni, l'esame dovrà essere necessariamente rinviato ad altra sessione.
Un collaboratore scolastico, con mascherina, accoglie Derri che dovrà aspettare in un'area riservata all'attesa.
Sono le 10 ed è arrivato il momento di Derri. Accompagnato dal collaboratore scolastico fa il suo ingresso nell'aula d'esame. Prima però avrà igienizzato le mani. Ha di fronte sette persone, mascherate e sedute in banchi distanziati fra loro. Il suo posto, un banco e una sedia, è ad almeno due metri dagli altri. Nel corso dell'esame, lo studente può abbassare la mascherina, mantenendo rigorosamente la distanza di due metri. Delle sette persone, Derri ne riconosce (seppure a fatica) sei: sono i suoi insegnanti. Il settimo è un esterno, il presidente della commissione.
L'esame si svolge in un'atmosfera inverosimile. Ben presto, però, Derri percepisce che i sette cercano di comunicare serenità, accoglienza, comprensione. I sette hanno ben presente cosa è successo dall'inzio di marzo ad oggi. Sono un po' tutti Derri. Lo sono per aver provato il lockdown, personale e familiare, la dad e gli scrutini meet o zoom. Accomunati dall'appartenenza al mondo dei/degli (s)oggetti di un esperimento, probabilmente unica scelta. Accomunati da uno s-confinamento psicosociale subìto o atteso...
Ore 11: <<il candidato può andare, l'esame è terminato>>.
Derri si guarda in giro, si alza, e, rigorosamente a distanza, saluta con un cenno della mano e con un improbabile <<Arrivederci>>.
Esce dall'aula, neanche il tempo di pensare: <<Cosa resterà di tutto questo?>>, che viene invitato ad allontanarsi dal perimetro della scuola.
Mentre il collaboratore scolastico igienizza gli spazi e le dotazioni didattiche usate da Derri.
E si passa al prossimo candidato.
Questi sono i riti che quest'anno sostituiscono nell'ordine: cena di fine anno, ballo di fine anno, notte prima degli esami, ansia collettiva con relativo sostegno dei compagni della classe, rito dell'ingresso con seguito di compagni e curiosi, saluti con stretta di mano, abbraccio finale con amici e parenti, sosta nei corridoi con risate e/o pianto liberatorio, lancio del libro o degli appunti, (dove possibile) tuffo in mare...
Questa pinzillacchera è un atto di amore verso i maturandi, a partire da quelli che conosco. Un atto, dovuto, di riconoscenza a chi ha vissuto da adolescente, ripeto: da adolescente, questi mesi con grande responsabilità e senso di appartenenza ad un Paese (e al mondo) che per la prima volta è accomunato da un evento che ha portato morte e dolore e, si spera, opportunità per comprendere il valore della realtà. In un mondo in cui spesso noi adulti conosciamo il prezzo di tutto e, ahimè, il valore di niente.
Grazie ragazzi! E buon futuro!
(e con un sicuro abbraccio, ovviamente virtuale, di preside e operatori della scuola).
Nunzio Marotti