Una giornata veramente particolare è stata quella della visita all’isola di Pianosa del 29 giugno scorso. L’occasione è stata l’inaugurazione dell’interessante mostra nella casa del Parco, dei reperti archeologici rinvenuti nel corso di scavi passati, custoditi nei Musei Civici di Reggio Emilia e temporaneamente prestati al Parco dell’Arcipelago.
Allo sbarco Pianosa ci accoglie con il suo aspetto caratteristico: il paesino, in un vivace stile eclettico, presenta la suggestione dei luoghi una volta abitati ed improvvisamente abbandonati. Ci aggiriamo per le stradine e scopriamo scorci romantici; nel silenzio ci aspettiamo quasi di sentire le voci di coloro che in quel luogo vissero e lavorarono. Ci vengono incontro testimonianze di epoche anche più remote: le terme e le peschiere ci riportano all’epoca augustea con i suoi intrighi, le catacombe ci parlano dell’esistenza di una numerosa popolazione e sono in buona parte ancora da scoprire.
La comitiva in una atmosfera di piacevole partecipazione, si divide in gruppi scegliendo le varie opportunità “escursionistiche” per l’occasione gratuite. Oltrepassiamo la vecchia recinzione del carcere non mancando di visitare l’unica chiesa di Pianosa, di cui apprezziamo gli affreschi dipinti da un detenuto di PortoLongone. Il giro col bus ci permette di visitare senza troppa fatica la parte nord dell’isola e le brevi soste lungo il percorso ci offrono degli affacci panoramici mozzafiato. Il mare è di un colore che sfuma dal turchese al blu intenso, la macchia mediterranea ci avvolge di profumi fra i quali risalta quello dell’elicriso. Dai campi una volta coltivati dai detenuti, ancora recintati da muretti a secco, lepri e pernici rosse ci attraversano la strada; una coppia di upupe ci precede per un tratto con il loro volo sfarfallante.
Lungo il percorso vediamo edifici carcerari adibiti a diversi scopi, prevalentemente agricoli; sulla estrema punta nord ci colpisce particolarmente per la sua vastità e l’architettura imponente, quello detto “Il Marchese” che fungeva da convalescenziario.
Visitando la mostra fotografica organizzata dall’Associazione per la difesa di Pianosa abbiamo potuto apprezzare l’impegno di chi cerca di valorizzare e far conoscere l’isola. Ci sono iniziative in atto per farla rivivere: già da tempo esiste un punto di ristoro e da un anno è aperto un piccolo albergo. Abbiamo notato delle arnie ai margini della macchia, e vedendo che il miele prodotto con la flora locale viene venduto nel negozietto allestito all’interno del ristoro, c’è venuto in mente che in un futuro prossimo sarebbe da tentare la coltivazione dei capperi che già spontaneamente crescono ovunque con grande abbondanza.
La giornata si è conclusa con un privilegio eccezionale: la circumnavigazione dell’isola, che ha consentito di osservare la conformazione geologica della costa, mentre un nativo pianosino – Mazzei Braschi – ci intratteneva con nostalgici racconti di vita vissuta in un luogo così affascinante.
Certo, qua e là abbiamo sentito critiche di ogni genere che riguardavano soprattutto lo stato di conservazione delle costruzioni, abbiamo ascoltato anche idee e proposte di ogni genere, alcune a nostro avviso improponibili che non stiamo qui a ripetere proprio perché il nostro intento nel partecipare alla visita era rifuggire le polemiche, goderci quest’angolo di paradiso e lasciarci trasportare, come poi è realmente avvenuto, dalla natura pianosina, dai colori e dai profumi e da quell’aria un po’ ruvida ma altrettanto poetica che l’essere stata per un breve periodo disabitata le ha conferito.
A chiusura di questa bella e particolare esperienza vorremmo ringraziare chi ce ne ha offerto la possibilità: il Parco nazionale dell’arcipelago toscano, la nostra guida Rachele e i nostri simpatici compagni di viaggio.