In questi giorni di festività l’Elba sembra resuscitata, sembra che siano apparsi, quasi dal niente, persone, attività e case.
E’ la notte il momento che più mi ha fatto sentire questa differenza, la prima, tra una stagione di normale, sola "elbaneità" e l’inizio della stagione turistica. Le nostre campagne, i nostri litorali, i nostri paesaggi fuori dai centri abitati sono per la maggior parte dell’anno quasi bui. E’ un buio che ci è consono, che sottolinea un collegamento logico con quanto è strettamente necessario.
Adesso, d’improvviso, quasi da un giorno all’altro, come accese da un allarme automatico e generale, le nostre campagne, colline, spazi aperti, coste, si sono riempiti di una varietà e un numero infinito di luci. Che succede? Viene da porsi una domanda: perchè tanti hanno bisogno di avere un’illuminazione intorno alle (seconde) case, private o in affitto, più simile a quelle di un ristorante o di un locale pubblico che di un’abitazione privata? Inoltre, perchè alcune attività commerciali o pubbliche abusano dell’illuminazione fino ad abbagliare chi ci passa vicino? Veramente si tratta di una procedura consigliata dalla Pubblica Sicurezza contro i furti? Oppure si tratta di un calcolo economico? in quale caso allora riscontriamo un equivalente incremento del consumo di elettricità che va di pari passo con un aumento del fatturato?
I bisogni degli elbani e di chi ci sceglie come residenza fissa, stagionale, saltuaria o occasionale sono sempre più in crescita. In un momento di grande tensione elettorale, di preparazione di programmi per migliorare la qualità della nostra vita, vorrei suggerire un’attenzione maggiore a questo problema, e ricordare, come monito inquietante, il sempre presente incubo dei tralicci di Terna. L’aumento di richiesta genera come conseguenza un aumento di offerta. L’offerta ha però dei costi, alti, e non solo di consumo in termini di bollette, ma soprattutto in consumo del territorio.
Vale la pena chiedere una più attenta regolamentazione dell’illuminazione, pubblica e privata, confrontando un risparmio energetico auspicabile, e che consideri da una parte i costi di nuovi impianti, e dall’altra l’effetto devastante per il paesaggio, urbano ed extra-urbano? Vale la pena maturare finalmente una tale consapevolezza, e non rimanere ancorati a criteri che vanno a vantaggio solo di alcuni operatori e amministratori pubblici che non si rendono conto di vivere abbagliati dalla banalità?
Cecilia Pacini