Caro Direttore,
leggo sul Suo giornale una lettera firmata dal titolo Rio Marina ”Rio Marina: strapotere alla Parco Minerario” che chiama direttamente in causa la mia Amministrazione per le scelte fatte.
Preciso subito che l’autore, pur informato su alcuni atti amministrativi, è completamente disinformato e, ahimè, non documentato sulla sostanza della questione.
Perché fondere le due società partecipate in via totalitaria? Semplice perché ce lo richiede la normativa nazionale in materia, che impone razionalizzazioni, semplificazioni e riduzioni del numero delle partecipate da rendicontare annualmente, entro il 31/3, alla Sezione Regionale della Corte dei Conti.
A ciò aggiungasi il prossimo decreto legislativo del Ministro della funzione pubblica Madia, sul quale si è recentemente espresso il Consiglio di Stato, che detta regole più stringenti sul mantenimento delle partecipate che dovranno possedere volumi critici di fatturato e di capitalizzazione: da ciò appunto la fusione, un prossimo aumento di capitale con conferimento di beni e l’assegnazione di una serie di servizi.
L’autore della missiva sembra quindi trascurare questi fondamentali aspetti, se si vuole mantenere, come è nell’animo di questa amministrazione, una istituzione, quale il Parco Minerario dell’Isola d’Elba, che rappresenta la storia di questa Comunità.
Quanto all’assegnazione “in house providing” di una serie di servizi, non mi posso dilungare in questa sede sul dibattito ultradecennale, del quale sono fra l’altro sin dall’inizio stato un cultore, della sua legittimità, confermata in una serie di sentenze della Corte di Giustizia Europea, ad alcune condizioni: totalità della partecipazione pubblica presente e futura, nomina degli organi amministrativi e controllo analogo sulla società, che vuol dire controllo sulle strategie e indirizzo della società analogo a quello esercitato sui propri servizi. La partecipata deve costituire in sostanza un servizio o reparto in più, una longa manus, come la definisce il parere del Consiglio di Stato n.298 del 30/1/2015, per l’amministrazione da gestire con le stesse modalità e controlli.
E non vi è debbio che la nostra partecipata rispetti questi canoni: totale partecipazione pubblica con divieto statutario di soci privati (ahimé non sempre presenti in altri statuti che invito a verificare), oggetto sociale concentrato, amministratori nominati dall’ente proprietario, direttive puntualmente emanate per lo svolgimento dell’attività, interfaccia contabile e controllo esercitato dal Revisore.
Quanto al perimetro di attività esso è circoscritto ai servizi locali anche di natura economica riconosciuti dalla legge e dalla prassi, e i servizi portuali sono fra questi, e alle attività strumentali che il Comune delega alla società senza possibilità di conflitto d’interessi, nemmeno per la presenza, malevolmente sottolineata, di un dipendente – amministratore, che non ha alcuna funzione direttiva all’interno del Parco.
L’estensore della lettera cade a mio avviso in un altro errore, le società a capitale pubblico non sono organismi di diritto pubblico, bensì quali società di capitali enti di diritto privato a tutti gli effetti, pur vedendosi talvolta riconosciuta qualche prerogativa di carattere pubblicistico, come è previsto anche nel d.lgs. Madia citato.
Non si capisce da dove l’autore abbia tratto i contributi pubblici che il Comune avrebbe erogato alla Parco Minerario srl, quando si tratta di prestazioni di servizi di vigilanza e di guardianaggio resi sulle aree minerarie demaniali per incarico del Comune di Rio Marina a sua volta incaricato dal Demanio dello Stato.
Quanto, infine, alla periodica estrazione di minerali da collezione e per uso scientifico dai bacini minerari, il mittente, poco informato sull’argomento ma che aveva la possibilità di documentarsi, sappia e memorizzi queste cose:
1. non esiste in Toscana, al contrario del Piemonte, Lombardia e Valle d’Aosta e altre regioni, una legge che regoli la materia, ma anzi proprio noi in collaborazione con l’Università di Firenze stiamo lavorando ad una proposta legislativa;
2. la legge attualmente applicabile è pertanto quella nazionale;
3. una parte delle aree di scavo sono, in esito al federalismo demaniale, di proprietà del Comune di Rio Marina;
4. Trattandosi di aree inserite nel perimetro del PNAT, è stato richiesto ogni volta il suo benestare oltre a quello, quando necessario, dell’Agenzia del Demanio.
Non vedo, da ultimo una competenza sull’atto, ma di quale atto (?) del PNAT che già perimetra tutte le aree minerarie e il cui Piano proprio inattuato nella parte che ci riguarda, non consente allo stato quella valorizzazione indicata dalla legge sul federalismo demaniale e necessaria per finanziare il ripristino ambientale, del tutto abbandonato.
Mi dispiace per il vostro lettore, ma su questo terreno trova l’Amministrazione di Rio Marina estremamente preparata e competente, tanto che poteva evitare una serie di grossolane inesattezze interpellandola.
IL SINDACO
Renzo Galli