Guido Provenzali: "I volenterosi carnefici di Hitler"
Qualche anno fa un giovane storico americano, Daniel Jonah Goldhagen scrisse un saggio dal titolo, in Italiano, ” I volenterosi carnefici di Hitler”; la tesi che si sosteneva era che, detto molto succintamente, quanto accaduto nella Germania nazista, negli anni della dittatura hitleriana, non poteva essere imputato solamente ai gerarchi, agli uomini di potere, ai comandanti e agli appartenenti alle milizie, ma buona parte della stessa popolazione tedesca, più o meno volontariamente, aveva fattivamente contributo a tutte quelle nefandezze messe in atto di tante povere vittime.
Ci furono polemiche e molte; la tesi era forte, ma poi, a pensarci bene, non così poi scriteriata o campata in aria. Se era successo che una dittatura avesse potuto eliminare, anche fisicamente, oppositori, invalidi, portatori di handicap, omosessuali, intellettuali, massoni, rom, ebrei, prigionieri di guerra etc etc, qualcuno aveva sicuramente recepito leggi, ordini e direttive che provenivano dagli organi di potere. L’aspetto più doloroso era che gli attuatori pratici di questa macchina infernale si erano prestati con piena accondiscendenza, efficienza e abnegazione pressoché totale.
Si celebrerà domani l’anniversario del 25 Aprile; in un Paese normale sarebbe una tranquilla giornata di Festa e l’occasione, per tutti i cittadini, di ricordare la fine di una dittatura, la riconquista, per tutti, dei diritti civili prima negati, l’abrogazione di tutte quelle leggi discriminatorie e razziste approvate dal tiranno fascista con l’avvallo della complice monarchia sabauda.
E invece no, ci saranno quelli che prenderanno le distanze, che faranno dei distinguo, che diranno di non sentirsi ricompresi in una festa di parte, che vedrebbero di buon occhio un superamento di questa giornata in nome di una, non meglio specificata, riappacificazione mai debitamente compiuta.
Ma l’argomento e la tesi più in voga sarà, come sempre, che poi in fin dei conti il regime fascista fu si uno stato autoritario, ma senza arrivare ai livelli dell’alleato tedesco; in fin dei conti, così pensano in molti, gli Italiani sono sempre stata “brava gente”, dei buontemponi sempliciotti e un po’ provinciali. Qualche eccesso c’è sicuramente stato, ma senza mai arrivare alle atrocità compiute dai nazisti che dettero vita in Germania e nelle Nazioni via via occupate, nel corso dell’ultimo conflitto mondiale, ad un immenso universo concentrazionario.
A riprova di questa tesi Inizi, a questo punto, una infinità di luoghi più o meno comuni del tipo: ai tempi del fascismo, comunque, c’era poca delinquenza, ordine e pulizia, lavoro per tutti, un’industria forte, la giusta considerazione per la famiglia ed in generale per i corretti valori sociali il rispetto verso l’Italia, Mussolini ha bonificato le paludi, dato alla casa a tutti, ferie, pensioni e colonie per i lavoratori, etc etc .
Difficile spiegare come poi lo stesso autore di così importanti riforme (se si studia bene la storia si avrebbe modo, a onor del vero, di essere messi a conoscenza che, eliminata una straordinaria opera di propaganda, di tanto millantato operare, in realtà, alla gente era arrivato ben poco) abbia poi deciso di gettare il suo “amato popolo” in una guerra che avrebbe portato a morte circa mezzo milione e alla pressoché generale distruzione dell’intera nazione.
Voglio però soffermarmi sulla presunta bontà del popolo italiano; forse il concetto può anche farci piacere o farci stare meglio purtroppo, però, non è vero, anzi.
Gli Italiani, già rodati dalle guerre coloniali e dalle legislazioni approvate ad hoc per le campagne d’Africa, non ebbero problemi a dotarsi, prima della Germania Nazista, di una legislazione discriminatoria verso gli avversari politici, ma genericamente contro chi fosse individuato come un possibile soggetto contrario allo Stato Fascista; in seguito e sempre con anticipo rispetto alla Germania, fu emanata la legislazione antiebraica.
Ma per aver un quadro completo di quante nefandezze abbiano compiuto tanti italiani durante il lungo ventennio fascista potrebbe essere senz'altro utile la lettura di un saggio scritto dallo storico Carlo Spartaco Capogreco, considerato unanimemente il massimo esperto italiano di storia dell’internamento civile fascista; il libro è edito da Einaudi – Et Saggi e si intitola “I campi del duce – L’internamento civile nell’Italia fascista (1940 – 1943)”.
Buon 25 Aprile a tutti
Annamaria Contestabile - Circolo Pertini:
72 anni dopo quelle luminose giornate
Sono passati 72 anni da quelle straordinarie giornate di luminosa primavera che hanno cambiato la storia del nostro paese, della nostra patria Italia.
Non è affatto superfluo ricordare questo anniversario nella nostra isola, anche se ormai molti appaiono sempre più distratti nel partecipare a questa importante festa civile.
All'Elba infatti questa data è considerata sempre più per il suo valore commerciale, il primo ponte vacanziero dopo la Pasqua, che per il suo alto ed unico valore civile, sociale, democratico.
Per questo mi permetto di ricordare a tutti gli Elbani alcuni temi che Sandro Pertini, indimenticato Presidente della Repubblica, profondamente antifascista e democratico, detenuto nella torre di Passanante, incarcerato a Pianosa, attraverso le sue stesse parole.
Pertini è stato tra i protagonisti della Resistenza e degli avvenimenti che portarono alla liberazione dell'Italia.
Presidente della Repubblica dal 1978 al 1985, ha avuto occasioni di riportare l' attenzione sulla Costituzione, sui giovani, sul lavoro, la democrazia.
Porto a mente molte sue incisive frasi su questi temi, che hanno caratterizzato i suoi discorsi agli italiani in occasioni ufficiali.
Per esempio in un intenso discorso della fine anno del 1983 si appellò ai giovani per difendere la Repubblica e la democrazia del nostro paese.
" oggi ci vuole due qualità : l' onestà ed il coraggio. L' onestà...l'onestà...l'onestà e quindi l' appello che faccio ai giovani è questo : cercare di essere onesti prima di tutto"
E prima ancora, nel 1978, sempre in un discorso agli Italiani ebbe a dire:
"I giovani non hanno bisogno di prediche, i giovani hanno bisogno da parte degli anziani di esempi di onestà, di coerenza, di altruismo".
Ed ancora oggi risultano ancora molto attuali le sue considerazioni sugli uomini e le discriminazioni.
" sono al fianco di chi soffre umiliazioni ed oppressioni per il colore della sua pelle.
Hitler e Mussolini avevano la pelle bianchissima, ma la coscienza nera.
Martin Luther King aveva la pelle color dell'ebano ma il suo animo brillava della limpida luce."
" oggi, dopo le tristi esperienze subite, noi tutti sappiamo che la società contemporanea rimane sempre esposta al virus totalitario, l'arco dei mezzi di persuasione e di dominio del consenso a disposizione del potere è amplissimo, le possibilità di corruzione delle libere coscienze sono infinite , la tecnologia consente l' uso della violenza più raffinata..."
Parole della fine degli anni 70 .
Dalla fine del conflitto mondiale sono passati più di 70 anni, quasi 50 dalla sua presidenza.
Le sue parole sono vive, ieri come oggi, ma i problemi, le lacerazioni, i pericoli per la democrazia sono sempre gli stessi.
Per questo non dobbiamo dimenticare e non dobbiamo far dimenticare.
Viva la festa del 25 aprile, la festa della liberazione del popolo italiano dalla tirannia e dalla dittatura.
Viva la democrazia!
Marcello Camici: Rileggendo le lettere dei condannati a morte
Oggi 25 aprile mi sono messo a leggere “lettere di condannati a morte della Resistenza italiana” (8 settembre 1943-25 aprile 1945) a cura di Piero Malvezzi e Giovanni Pirelli. Giulio Einaudi editore 1952.
Il libro si apre con un facsimile della lettera di Walter Fillak al padre:
”All’Ing Ferruccio Fillak Via Roma 5- Milano 1-2-1945.
Mio caro papà,
per disgraziate circostanze sono caduto prigioniero dei tedeschi.
Quasi sicuramente sarò fucilato.
Sono tranquillo e sereno perché pienamente consapevole d’aver fatto tutto il mio dovere d’italiano e di comunista. Ho amato soprattutto i miei ideali, pienamente cosciente che avrei dovuto tutto dare, anche la vita: è questa mia decisa volontà fa si che io affronti la morte con la calma dei forti.
Non so altro che dire.
Il mio ultimo abbraccio
Walter
Il mio saluto a tutti quelli che mi vollero bene”
Di queste lettere è una lettura che invito a fare ponendoci le domande in prefazione: che andiamo cercando, noi vivi, in queste ultime parole, scritte in un momento in cui l’uomo è sotto il più grave peso di questa vita? E con che diritto leggiamo queste pagine, una dopo l’altra, per trovarci chissà che cosa, ma certo qualcosa per noi e di noi, con che diritto interpretiamo,confrontiamo e concludiamo?
“L’indipendenza d’Italia è il bene massimo che bisogna perseguire“ (Lettera di Bettino Ricasoli al prefetto del 12 maggio 1859) e “fra le ragioni di ben operare, una, anzi principale, è quella della concordia che unisce in un solo volere i pensieri e gli atti di quanti amano sinceramente la patria“ (lettera di Bettimo Ricasoli al governatore dell’Elba del 18 maggio 1859).
Luciana Gelli:
Pensiero (grato) ai ribelli della montagna.
Ciò che hai fatto non sarà dimenticato.
Né i giorni, né gli uomini possono cancellare quanto fu scritto col sangue.
Hai lasciato la casa, tua madre, per correre alla montagna.
Ti han chiamato ‘bandito’, ‘ribelle’;
la morte e il pericolo accompagnavano i tuoi passi.