Il seguimento di vari progetti, fra i quali “Elba sharing”, che ha tenuto un importante workshop all’inizio del mese e al quale, purtroppo, molte Amministrazioni non sembrano interessate nonostante i quasi due milioni di sovvenzione europea in ballo, non mi hanno consentito di controbattere al vivace dibattito sulle Terme di Cavo.
In questo periodo però ho avuto modo di leggere molti commenti, fra i quali uno di Legambiente che sostiene come io sia confuso e contraddittorio sull’argomento, e di altri, fra i quali un advisor londinese che vuole insegnarci in che modo si fanno le terme, come se Federterme che rappresenta l’aggregato termalistico più importante d’Europa fosse digiuna in materia; quest’ultimi senza sapere di cosa parlano per non avere avuto l’umiltà d’informarsi e di documentarsi sulla situazione urbanistica del nostro territorio.
Prima di entrare nella bagarre del sito, sarà bene allora precisare quali sono le idee dell’Amministrazione che guido.
Per le caratteristiche di qualità, flusso e temperatura delle acque presenti nel nostro sottosuolo è ipotizzabile, come afferma il nostro esperto, la realizzazione di un percorso benessere o spa che necessita di adeguati spazi non solo per una recettività di livello, ma per i servizi termali annessi, calidarium, frigidarium, percorsi Kneipp, percorsi in grotta, stanze per hamman ecc. e di accessori, quali impianti sportivi, viali, punti panoramici ecc., compresi i parcheggi.
Per una struttura del genere, il cui investimento è stato stimato fra i 15 e i 20 milioni di euro, necessitano quindi grandi spazi in una zona tranquilla e riservata, possibilmente sul mare per associare idroterapia a talassoterapia.
In considerazione degli spazi necessari, l’Amministrazione, confortata dagli esperti, aveva individuato due siti, quello delle Paffe, per non allontanare troppo gli impianti dall’abitato di Cavo, e quello di Cala Seregola, caratterizzati però, come ormai notorio, da due distinti vincoli, quello del PIT Piano paesaggistico della Toscana e quello del PNAT, quale area in regime di salvaguardia in attesa dal 2010 di un progetto di valorizzazione.
A ciò aggiungasi che la programmazione di un impianto del genere, per la sue ricadute sull’area vasta, prevede, a norma della legge urbanistica della Toscana, la n° 65/2014, una variante al piano strutturale da co-pianificare con i comuni confinanti (Rio nell’Elba e Porto Azzurro).
Da quanto detto, si leggono le difficoltà di pianificazione di un intervento del genere, sulla quali per ignoranza nessuno ha argomentato, che prevede in sequenza l’approvazione di una variante al piano strutturale, l’approvazione del progetto integrato di valorizzazione delle aree minerarie di competenza del PNAT o la modifica, allo stato attuale impraticabile e lo dimostrano i ripetuti nostri “assalti” al responsabile dell’urbanistica regionale, del PIT per arrivare poi, fra qualche anno, alla pianificazione comunale.
In questo contesto l’Amministrazione non poteva rimanere inattiva allo sfruttamento della risorsa acqua, né non dare una risposta alla Comunità locale che reclamava la realizzazione di un impianto in area urbana al servizio del turismo locale e della locale ricettività.
E’ per questa ragione che, viste le difficoltà di una soluzione complessiva che continua a perseguire, ha pianificato la realizzazione di una vasca termale e relativi servizi nell’area del parcheggio comunale di Cavo, che presenta sufficiente estensione, posizione fronte mare e nessun vincolo urbanistico in quanto posizionata in area interclusa e nel tessuto urbano.
A questa soluzione sono chiamati a rispondere gli operatori turistici locali, a tutti i livelli, che in forma consortile il Comune auspica partecipino alla gara di assegnazione delle fonti, da utilizzare, eventualmente, anche presso le proprie strutture.
Una mancata partecipazione, con l’assegnazione delle acque ad operatori fuori della ricettività turistica locale, privatizzerebbe in tutti i sensi l’impianto, precludendo loro l’accesso a questa risorsa. D’altra parte non è nelle intenzioni di questa Amministrazione realizzarlo in proprio e di sostituirsi all’imprenditoria locale, non tanto per l’investimento di risorse quanto per la sua gestione che sarebbe preclusa dalle norme sulle partecipazioni pubbliche.
Ma l’amministrazione non desiste, e qua sta l’elemento di continuità con la politica fin qui perseguita e quindi l’assenza di contraddizioni, dall’idea della pianificazione di un impianto benessere come sopra descritto, volano dello sviluppo dell’economia locale in quanto capace di attrarre flussi turistici aggiuntivi.
Su questa idea è di fondamentale importanza l’apporto della consulenza e delle esperienze maturate altrove, in quanto si tratta di trovare il giusto equilibrio fra risorse necessarie e flussi di ricavi attesi previsti nel tempo, in modo da rendere sostenibile l’investimento e quindi l’interesse degli investitori anche internazionali come reclama l’advisor londinese.
Senza un iter progettuale definito nei modi e nei tempi è impossibile calcolare la sostenibilità dell’investimento e quindi l’apporto dei mezzi necessari.
A questo proposito, in attesa di novità sul PIT che potrebbero provenire anche in sede giurisdizionale, visto il notevole numero di ricorsi amministrativi presentati contro la sua applicazione, intende perseguire anche la strada dell’approvazione del progetto integrato di valorizzazione delle aree ex demaniali zonizzate in DS, secondo le linee dettate dal proprio piano strutturale, ripreso dal piano del PNAT del 2010 e mai avviato.
Crediamo che sull’attuazione dell’articolo 13.3 del Piano del PNAT nessun Ente della Comunità del Parco si sottrarrà e che anche Legambiente, che abbiamo invitato ad affrontare il problema, darà il proprio contributo essenziale per il ripristino ambientale dei luoghi.
Contemporaneamente a questo comunicato partirà pertanto formale richiesta alla Comunità del Parco, quale organo d’indirizzo, e al Consiglio Direttivo, quale organo esecutivo, di avviare le procedure per l’approvazione del progetto che, in quanto atto dovuto, in caso di inerzia, potrebbe preludere ad un ricorso per un intervento ad acta.
Tale misura sarebbe giustificata dal danno procurato al Comune di Rio Marina, quale proprietario per devoluzione demaniale delle aree sulle quali si perpetuerebbe una situazione di degrado ambientale.
Confidiamo pertanto che tutti gli enti interessati si attivino per giungere finalmente all’approvazione del programma e che lo stesso faccia Legambiente, da noi invitata ad un confronto, col proprio rappresentante in seno al Consiglio Direttivo del PNAT.
Quanto al condizionamento esercitato da Legambiente sul PNAT, mi si consenta un’ultima battuta, che spero non mini la volontà di collaborare; ciò mi pare del tutto scontato e innegabile dal momento che la stessa ha da sempre un proprio consigliere nel Direttivo del Parco, mentre il Comune di Rio Marina, che ha il 70% di territorio perimetrato, non vanta nessun rappresentante. Forse in sede di riforma in corso della legge 394 bisognerebbe ragionare anche di rappresentanza, dandola a rotazione ai territori maggiormente interessati e togliendola ai personaggi di nomina ministeriale della vecchia politica che non hanno nessun radicamento sul territorio: ma questa è un’altra storia che troverebbe molti sostenitori.
Il Sindaco
Renzo Galli