Da gennaio ad oggi si è assistito ad un comportamento di ASA - A.I.T. oscillante fra due momenti: uno imperniato sino a giugno sull’allarme per la mancanza d’acqua all’Elba e per possibili razionamenti estivi, l’altro imperniato da giugno in poi nel tranquillizzare per il futuro l’opinione pubblica elbana con la proposta di dare immediata attuazione al progetto di un dissalatore a Mola e di una seconda condotta sottomarina che avrebbero risolto in via definitiva le gravi criticità idriche isolane. L’altalenante atteggiamento di “stop and go” di ASA (di una sottile finezza manageriale) ha avuto spazio sulla stampa locale, cartacea ed online, facendo emergere posizioni pro e contro il dissalatore.
- (A) Quanto testè premesso, ci ha indotti ad esercitarci a fare un’analisi numerico-matematica in termini idrico-quantitativi immaginando ipoteticamente realizzato il dissalatore. Qui di seguito riportiamo quanto dedotto:
- Dai dati disponibili del 2016 sappiamo che:
(a) l’acqua potabile distribuita dagli acquedotti elbani è di circa 7,7 milioni di mc. /anno coincidente in via presuntiva con il fabbisogno medio idrico annuo;
(b) l’acqua di cui disponiamo annualmente deriva per il 47% da risorse locali (3,619 milioni di mc. d’acqua) e per il 53% dalla Val di Cornia (4,081 milioni di mc. d’acqua) mediante la condotta sottomarina che ha una portata massima di 148 l/sec.;
- Lo sviluppo degli acquedotti elbani è di 460 km. così ripartiti: 190 km. come rete di adduzione ai depositi e 270 km. come rete di distribuzione all’utenza;
- La rete di distribuzione ha una perdita che va oltre il 45%, equivalente ad una perdita d’acqua da rete distributiva dell’ordine minimo (per difetto) di 3,465 milioni di mc. d’acqua all’anno.
Ne consegue che basterebbe che ASA tappasse tutte le falle della rete distributiva colabrodo per risolvere il problema del deficit idrico elbano;
- Il dissalatore (1° straccio del LOTTO 1) darebbe 40 l/sec. producendo circa 1,25 milioni di mc. acqua/anno, oltre ad enormi quantità di salamoia, ingenti tonnellate di salamoia nel tempo;
- Ne consegue che la produzione di acqua dal dissalatore non riuscirebbe non solo a coprire il fabbisogno idrico complessivo annuo, ma neanche il deficit; se poi immaginassimo realizzato anche il II° stralcio del LOTTO I (giugno 2020), la portata del dissalatore diverrebbe di 80 l/sec. in grado di dare allora complessivamente 2,5 milioni di mc. d’acqua all’anno del tutto insufficienti a coprire né il fabbisogno idrico annuo né il relativo deficit.
- Conseguenza di una oggettiva inconfutabilità è che :
(a) stante la perdita da rete distributiva di circa 4,00 milioni di mc. d’acqua all’anno;
(b) stante il pressoché ormai permanente ultradecennale deficit idrico annuo dell’ordine medio rasentante i 4,00 milioni di mc. d’acqua /anno;
(c) stante l’estrema esiguità della produzione idrica annua pari a mc. 2,5 milioni di mc. d’acqua/anno dal dissalatore con portata da 80 l/sec. nella presunta concreta realizzazione a fine 2020, il dissalatore di Mola non serve a risolvere il problema idrico elbano, che non è un’opera strategica, come si va sostenendo, né ci esonererà dalle ormai arcinote criticità idriche estive, e quindi dai razionamenti.
- Il fatto inaudito è che il gestore idrico si basa sull’assurdo assunto, mai dimostrato, che all’Elba non ci siano adeguate fonti di autoctono approvvigionamento idrico.
- Siccome un unico dissalatore a Mola da 80 l/sec. non basta a coprire il 53% d’acqua che giunge dalla Val di Cornia né tantomeno a coprire neanche il deficit annuo medio complessivo dell’Elba e quindi a non consentire mai all’Elba concreta autonomia idropotabile, ASA ed A.I.T. propongono un secondo dissalatore simil-Mola. Nel 2011 ASA aveva programmato un piano di 21 invasi collinari sul territorio elbano, poi naufragato dopo l’esito fallimentare di quello del Condotto, non vorremmo pensare che oggi ci si accinga a programmare per l’Elba anche un piano di dissalatori che verrebbero definiti opere strategiche per una reale autonomia idrica elbana. Alla luce di quanto già accaduto in un recente passato con gli invasi collinari, nulla diventa impossibile.
- Esiste anche un non secondario problema gestionale per cui i 5 pozzi che, finanziati dalla Regione, saranno realizzati nei prossimi mesi serviranno di fatto a sostituire altrettanti equivalenti pozzi ormai resi largamente improduttivi. Infatti, la gestione dei campi pozzi dell’Elba si è concretizzata nel loro erroneo uso per cui, contrariamente a quanto avvenuto, avrebbero dovuto essere tenuti sempre a portata costante per impedire che, altrimenti, i pozzi finissero con l’esaurire la loro funzione, divenendo improduttivi.
- Risulta che il fabbisogno idrico elbano supera la disponibilità idrica media in particolar modo per quanto riguarda il carico massimo che si verifica nel periodo estivo. Siccome il calcolo del fabbisogno idrico, medio e di punta, è direttamente proporzionale alla popolazione residente e fluttuante ed alla dotazione idrica pro-capite, quando, come nel caso dell’Elba, si passa da una popolazione invernale, stanziale e fluttuante, di circa 35.000 persone ad una di circa 350.000, fra stanziali e turisti, ne deriva a nostro avviso che il fabbisogno di punta estivo teso ad impedire i razionamenti dovrebbe essere correlato ad una portata complessiva non inferiore a 600 l/sec almeno nei mesi di luglio ed agosto, portata che non sarà mai raggiunta neanche lontanamente con la realizzazione di due dissalatori.
- (B) In una lunga intervista a tutta pagina del Telegrafo del 24 ottobre scorso rilasciata dall’A.I.T. (pagina 24 Cronaxhe Acqua e Ambiente) dal titolo “le dieci risposte dell’Autorità Idrica sul dissalatore”, l’ottava domanda è formulata (sic): “cos’è un’opera di interesse pubblico” a cui l’A.I.T. risponde (sic) : “è un’opera che serve a tutti i cittadini, a tutta la comunità e risponde a criteri di servizio pubblico . Può contrastare con interessi privati molto localizzati”.
Stante il senso in sé lodevole ed in tutto condivisibile della risposta data al giornalista intervistatore, si chiede all’ A.I.T. e ad ASA di dire se il cosiddetto laghetto del Condotto a Portoferraio è a loro avviso un’opera di interesse pubblico che serve ai cittadini di Portoferraio e dell’intera comunità elbana e se risponde di conseguenza a criteri di interesse pubblico. Nel caso del cosiddetto laghetto collinare del Condotto siamo lontani anni luce dal senso insito nell’ottava risposta dell’ A.I.T. E’ un’opera costata qualche milione di euro di danaro pubblico dal risultato pratico di funzionalità idrica del tutto inesistente tant’è che, iniziati i lavori il 06/12/212 da terminare entro il 02/10/2013, ad oggi non ha dato, né forse darà mai, neanche una goccia d’acqua mentre era stato spacciato per un invaso collinare multifunzionale per uso irriguo ed idropotabile che avrebbe risolto i problemi idrici di Portoferraio e dell’Elba in via definitiva. La sconcertante vicenda del Condotto non può essere liquidata come finora fatto col più assordante silenzio in merito.
Ora viene con ferrea determinazione di ASA ed A.I.T. prospettato un progetto pressoché già esecutivo per la realizzazione di un dissalatore ad osmosi inversa (RO) nella piana di Mola, cioè un vero e proprio impianto industriale del costo iniziale di costruzione aggirantesi sui 15 milioni di euro di danaro pubblico che indurrà indiscussi effetti negativi sul piano ambientale , marino e terrestre. Le ingenti tonnellate di salamoia prodotta dal dissalatore andranno a depositarsi sul fondale marino sotto forma di strati di sale molto spessi nel tempo, si formerà cioè sul fondale marino un bianco pavimento sottomarino che altererà profondamente lo stato odierno di salute del mare.
Il dissalatore di Mola non è altro che un’improvvida estemporanea ed inefficace soluzione ancorché minimale per conferire reale concreta autonomia idropotabile all’Elba e conseguentemente a nostro avviso “non s’ha da fare” .
Nel breve-medio periodo occorre realisticamente:
- mantenere attiva l’attuale condotta sottomarina;
- investire da subito ingenti importi per rimediare alle diffusissime falle della rete distributiva;
- implementare l’attuale apporto idrico autoctono locale mediante un serio studio geologico-idrogeologico che dia conto oggettivo delle potenziali riserve idriche di superficie e di sottosuolo dell’Elba.
Nel medio-lungo periodo va individuata una soluzione strategica che si basi su consolidate metodiche acquedottistiche tecnico-geologico-ingegneristiche che sia per l’Elba foriera di definitiva autonomia idrica. Una possibile soluzione può consistere nella realizzazione di una “galleria-serbatoio sotterranea sul Monte Capanne” (progetto Meneghin).
Luciano Campitelli