Per la prima volta dal suo insediamento, il Sindaco con alcuni collaboratori ha reso omaggio alla stele che ricorda il sacrificio di Ilario Zambelli, trucidato dai nazifascisti 74 anni fa alle Fosse Ardeatine. Un gesto apprezzabile che non so quanto possa essere stato spontaneo o invece stimolato da un suggerimento esterno, altre volte ignorato. Ma ciò ha poca importanza: importante è che sia stato fatto.
Meno apprezzabili, però, sono il modo di come è stato compiuto e le parole con le quale è stato celebrato. La presenza del gonfalone del Comune e la fascia tricolore indossata dal Sindaco non possono che essere il segno di una manifestazione pubblica a cui va data adeguata pubblicità al fine di coinvolgere i cittadini e le rappresentanze istituzionali del territorio. Ciò, in questo caso, non è avvenuto, e solo pochi e distratti passanti di prima mattina si sono resi conto dell’evento. Giustificare tale decisione con la preoccupazione di evitare non meglio precisate ”strumentalizzazioni politiche” non assolve, semmai aggrava, l’atteggiamento dell’Amministrazione.
Ma se questa omissione di un pur semplice ma doveroso atto d’ufficio offre spunto ad una severa critica, ancor più gravi e deprecabili sono le omissioni ed alcune affermazioni che hanno caratterizzato l’intervento del Sindaco nel corso della commemorazione.
E’ inconcepibile, infatti, ricordare la figura di un martire ed eroe della Resistenza, prima torturato e poi barbaramente assassinato dalla ferocia nazifascista, senza pronunciare nemmeno una volta le parole, appunto, di Resistenza e nazifascismo, e porre, nel contempo, il dubbio sulla veridicità storica dei fatti, definendo l’eccidio delle Fosse Ardeatine “uno dei momenti più bui e controversi della Seconda Guerra Mondiale”. In quel tragico evento non c’è nulla di controverso, c’è solo una orribile e bestiale esecuzione di 335 esseri umani innocenti, costretti uno alla volta nella cava di pozzolana e abbattuti come animali con pistolettate alla nuca sopra il mucchio dei compagni agonizzanti o già cadaveri. Non un atto di guerra, ma una feroce rappresaglia della belva nazifascista condannata dalla giustizia italiana e dalla storia.
Ed appare piuttosto farisaico fare appello alla “cultura e formazione cristiana” per non operare “alcun distinguo”, non sulla umana pietà dovuta ai morti, ma sul giudizio politico delle parti che hanno visto contrapposti coloro che lottavano e sacrificavano la loro vita per ridare dignità e libertà al nostro Paese e coloro che al contrario si erano messi al servizio della tirannia fascista e dell’invasore tedesco. Basti pensare cosa saremmo oggi noi e l’Europa se quest’ultimi fossero usciti vincitori.
Danilo Alessi
(nella foto: Fosse Ardearine, le tombe dei trucidati nella "controversa" strage)