Dopo due aste andate deserte per la vendita dei tre piani del palazzo ex Poste, un privato aveva offerto, nello scorso mese di aprile, la bella cifra di 621 mila euro, di gran lunga superiore al prezzo posto a base d’asta che era di € 450 mila. E l’offerta era stata accettata dal Dirigente dell’Area tecnica con la determina n°109 del 19 aprile.
Nei giorni scorsi con una nuova determina lo stesso Dirigente ci dice, in modo molto stringato, che quella vendita non si può fare. Nel tentativo di giustificare la “retromarcia” dichiara di aver scoperto che l’immobile non può essere ceduto “in forma unitaria”, vale a dire con i suoi quattro piani. Per il piano terra, infatti, con il programma delle alienazioni varato nello scorso mese di febbraio, è stata decisa una vendita separata e quindi è stata indetta, con un provvedimento della fine di maggio del solito Dirigente, una apposita gara.
Il bello è che il Sindaco e gli altri membri della Giunta sembra non siano stati messi al corrente della decisione presa dal responsabile dell’Area tecnica. l’Assessore al Demanio e patrimonio Del Mastro ha dichiarato di non essere stato informato.
La motivazione addotta per la clamorosa decisione di annullare il provvedimento con cui era stata accettata l’offerta di 621 mila euro ci induce, prima di tutto, a pensare che chi l’aveva presentata non intendeva per niente fare “un ricco regalo” alla Amministrazione. Forse mirava, invece, ad acquistare l’intero immobile.
Ma quello che per noi resta incomprensibile è come abbia fatto il Dirigente a non ricordarsi che l’edificio ex Poste non è mai stato messo in vendita unitariamente.A non ricordarsi che, fin dal 2016, con l’approvazione del primo programma delle alienazioni da lui stesso curato e predisposto, l’Amministrazione aveva deciso di procedere alla alienazione solo del primo,secondo e terzo piano, mentre la vendita del piano terra è stata inserita nel programma approvato a febbraio di quest’anno, sempre da lui curato e predisposto.
Forse, però, non c’è stato alcun difetto di memoria. Forse, a seguito anche delle nostre ripetute denunce, si è finalmente compreso che dopo due aste andate deserte si può certo vendere a trattativa privata, ma rispettando la procedura prevista dall’art.6 del Regolamento comunale che disciplina l’alienazioine dei beni immobili. L’offerta di 621 mila euro non teneva conto di quella norma regolamentare, quindi non poteva essere accolta. E forse si è preso anche atto che sul prezzo di vendita dell’ ex Poste, che il Comune ha ricevuto in proprietà dallo Stato, deve essere acquisito il parere di conguità della Agenzia del territorio. E’ un obbligo di legge. Si è preferito tacere su questi aspetti e si è scelto una motivazione che non sta assolutamente in piedi.
Ora che siamo tornati ai blocchi di partenza sarebbe davvero auspicabile una ulteriore “retromarcia”, ma questa volta sulla vendita dell’intero edificio e di cominciare seriamente a pensare, come deliberato dalla stessa Giunta nel 2016, ad una sua utilizzazione per servizi culturali ed amministrativi. Lo abbiamo più volte richiesto con interventi sulla stampa ed in Consiglio comunale. Vogliamo ancora sperare che i sordi comincino a sentire.
PD Portoferraio