A forza di gonfiarsi fin quasi a scoppiare la Tari, la tassa sui rifiuti (verosimilmente solidi), è dilagata nel mare elbano. Nelle marine del marcianese, ad esempio, colpisce duramente gli stabilimenti balneari non solo sulla concessione demaniale delle spiagge, ma anche sull’ormeggio delle barche con una progressione fiscale sintonizzata con la rosa dei venti. Si chiama imposta sullo “specchio d’acqua adibito a posti barca”, cioè sull’area di superficie liquida effettivamente occupata calcolando i mq delle giravolte dell’imbarcazione con la prua al vento. Frutto di una malata fantasia fiscale, altrove è raramente applicata. Si paga a partire da 3,06 a mq per ogni mezzo galleggiante ormeggiato nel liquido marino.
Mistero sulla produzione di rifiuti per una barca sola soletta alla fonda in mezzo al mare, al più con acqua sporca in sentina. Come anche per gli stabilimenti con o senza chiosco bar di servizio, con o senza cabine, comunque ad attività stagionale, la Tari grava su base annuale anche sui rifiuti di terzi abbandonati dalle onde sulla battigia. Recenti proteste hanno ottenuto un risibile sconto, ma resta alta a livelli record in Italia la pressione marcianese calcolata sulla base di 6,88 a mq. Un esempio? Un concessionario di Procchio con un arenile inferiore ai 300 mq, senza servizi, sborsa oltre 2mila euro l’anno. Dall’altra parte del mare, nella spiaggia La Feniglia di Orbetello, un gestore con 1.400 mq con bar e servizi spende 400 euro l’anno ed è esentasse sulla favola dello specchio d’acqua.
Peraltro, la esorbitante tassazione non ha giustificazione. Marciana ignora persino le ragioni del calmiere imposto per i Comuni inferiori ai 5mila abitanti e probabilmente si gloria di essere più cara persino delle perle della costa toscana come Viareggio o addirittura delle grandi città di mare come Bari dove 40 grandi e attrezzati stabilimenti balneari sono tassati sulla base di 4,01 euro al mq di spiaggia.
Romano Bartoloni