Greereport prima con Stella Bianchi ora con il sen. Ferrante torna sul tema Pd ambiente avviato con polemiche sulle candidature approvate ed escluse, ma anche sulla scarsa visibilità e presenza nella campagna elettorale di una questione così importante.
L’ultima replica di Ferrante ha coinciso con la pubblicazione su Il Tirreno dell’appello firmato da tante associazioni per salvare le bellezze d’Italia. Un appello che sta circolando sui media e che sta raccogliendo molte adesioni.
Vorrei cercare di mettere a confronto le due posizioni. Ferrante ribadisce il suo timore che il Pd nel futuro parlamento non sia presente con le necessarie competenze dopo la esclusione di una rappresentanza ‘storica’ ambientalista come i due senatori. Il che indebolirà fatalmente l’impegno, specie sui temi della green economy, che richiedono conoscenze e competenze molto qualificate. L’appello dei comitati ripropone dal canto suo lo stato di crisi ambientale; consumo di territorio, cementificazione senza freni, scempi paesaggistici, perdita di biodiversità, insicurezza del suolo, parchi e aree protette sotto tiro. I ministeri dei beni culturali e dell’ambiente in crisi e incapaci di fronteggiare una condizione complessiva che incide paurosamente e negativamente sulla crisi generale del paese. Dove sta il nodo cruciale di questa crisi? Certo anche nei ritardi e l’inadeguato impegno perché la greenecomy possa giocare finalmente il ruolo che gli compete. Ma i monumenti, il paesaggio, la natura, il suolo richiedono e presto politiche non solo economiche nuove e non avvinte dalla finanzia speculativa. Richiedono una vera riforma dello stato che significa non tanto o non solo una nuova o comunque rivista ripartizione di competenze e ruoli della stato, delle regioni e degli enti locali, tentata non felicemente con il nuovo Titolo V. Richiedono soprattutto una capacità di governo, che manca ormai da anni, in grado di gestire il paesaggio come il suolo e la natura con piani e programmi dei distretti idrografici come dei parchi e delle aree protette nazionali, regionali e locali. Solo così si sconfiggerà l’abusivismo
dilagante regolarmente seguito dal condonismo più aberrante e sempre in canna. Dove sta la differenza di questo confronto? Ferrante insieme al suo collega escluso, proprio alla vigilia dello scioglimento delle camere ha approvato e sostenuto caparbiamente un testo sui parchi ora passato in eredità a quello nuovo che seguirà alle elezioni - quello per intenderci di cui Ferrante teme una caduta di competenze- in cui le regioni sono tagliate fuori da qualsiasi competenza sul mare presente non solo nella legge 394 ma già prima nella legge 979 sul mare che prevedeva piano costieri regionali.
Ecco, quello che manca oggi per l’ambiente è una politica nazionale in cui lo stato in leale collaborazione con regioni ed enti locali -per poter così incidere anche nelle scelte comunitarie- rimetta in movimento anche quanto di meglio era stato previsto in una serie di leggi importanti che sono finite –come la legge sui parchi-nella tagliola a cui ha dato una mano anche Ferrante. E quando nell’intervista a Greenreport egli accenna all’ambientalismo della tradizione in cui egli si riconosce bisognerebbe aggiungere che oggi anche quella pur nobile tradizione richiede qualche aggiornamento a partire proprio dai ruoli istituzionali che già i verdi sottovalutarono e molte associazioni e comitati continuano ancora ad ignorare ma che la politica a partire dal parlamento non può trascurare e ancor meno mettersi sotto i piedi.
Renzo Moschini