Sul comune unico dell’Isola d’Elba si assiste, in previsione dell’imminente referendum, a un acceso dibattito fra i fautori del Sì e gli oppositori del No.
Ho cercato di approfondire le opposte ragioni, tutte rispettabili ma al tempo stesso opinabili, che mi spingono ora ad alcune riflessioni per le quali richiedo la vostra ospitalità.
Va subito detto che anche una buona idea, un buon progetto, se non sostenuto da precise regole d’attuazione rischia di far deragliare dall’obbiettivo prefissato.
In linea di principio la fusione di più organismi amministrativi non può che condurre a economie di scala nella loro gestione e anche a una maggiore efficienza nell’erogazione dei servizi ai cittadini.
D’altra parte, il necessario accentramento delle funzioni di governance si può compensare attraverso un decentramento di alcune decisioni e dell’erogazione di alcuni servizi su strutture locali.
Tralascio i vantaggi finanziari, dovuti ai maggiori trasferimenti, prospettati dai fautori del Sì, poiché, per quanto previsti, nell’attuale situazione economico-finanziaria del settore pubblico non appaiono scontati.
Proprio la crisi dei trasferimenti statali, contrapposta al costo di una macchina amministrativa parcellizzata anche su piccole realtà, dovrebbe favorire la ricerca dell’efficienza, che oggi spesso manca, e consentire alla macchina comunale un atteggiamento più aperto e di stimolo nei confronti della collettività.
In termini di razionalizzazione dei servizi e delle funzioni l’aspettativa potrebbe dunque risultare positiva.
Quello che però mi lascia perplesso, perlomeno sulla base degli atti a disposizione, sono tre precisi aspetti, che andrebbero governati a monte.
1.Autonomia dei territori. L’attuale disegno aggregativo sembra prevedere una semplice fusione “fredda”, senza alcuna garanzia, almeno per un periodo transitorio, per le comunità periferiche, che perdono rappresentanza e che quindi rischiano di andare a rimorchio di quelle maggiormente rappresentate.
2.Salvaguardia finanziaria. Il progetto non sembra prevedere alcuna salvaguardia finanziaria in materia di erogazioni sul territorio, col rischio che le comunità periferiche aumentino la distanza rispetto a quelle centrali che governano.
Si tratta quindi d’inserire un principio transitorio d’invarianza delle erogazioni a favore delle aree più svantaggiate, simile a quella prevista dall’inattuato progetto di “federalismo fiscale”, per evitare che queste, per difetto di rappresentanza, subiscano tagli nei fondi.
3.Governo del territorio. Nel progetto di statuto che ho potuto consultare si prevede (art.2) una limitata competenza dei municipi in materia di disciplina dell’edilizia privata d’interesse locale. Il governo del territorio nel suo complesso non può non essere transitoriamente delegato all’autonomia locale, per evitare che, decadendo gli strumenti urbanistici dei singoli comuni a favore di quello del comune unico, si pervenga in sede centrale a una negazione delle peculiarità di sviluppo locale.
Su questo punto, delle specificità locali, porrei la massima attenzione perché il territorio elbano non è omogeneo in termini economici e viaggia a velocità diverse, nel senso che le esigenze di animazione economica e di attrattività della parte orientale non sono le stesse di quelle della parte occidentale.
Occorre quindi prevenire i naturali egoismi di una parte sull’altra che, a mio avviso, non hanno consentito fino ad oggi all’Elba di “fare sistema” nei vari settori: penso non solo al settore turistico, ma anche a quello, ad esempio altrettanto critico, dei rifiuti, che conosco più da vicino.
Alla semplice fusione di più organismi amministrativi, vanno disegnate regole precise di gestione delle risorse e del territorio per evitare che le contrapposizioni che hanno caratterizzato la vita dell’isola in questi anni si trasferiscano sul nuovo soggetto, paralizzandone l’attività e continuando a non “fare sistema”.
Renzo Galli Comitato “Noi, oltre la politica per un’amministrazione dei cittadini e per i cittadini”
Foto: Gian Mario Gentini