Lo spappolamento del Pdl nelle elezioni comunali del 6 e 7 maggio è un insegnamento (che crediamo sarà come al solito effimero e presto dimenticato) della superficialità con la quale i media italiani hanno guardato alla recente vicenda politica italiani, non trasformatasi in tragedia solo perché era già farsa declinata in gossip pecoreccio,
Tutte le chiacchiere sulla fine del partito di plastica, su una forza ormai radicata sul territorio, su candidati che non avevano bisogno dello sconcio charme delle televisioni berlusconiane per vincere, sono state seppellite dalla caduta del sultano e l’elettorato della destra populista rifluisce, arrabbiato e dimentico del suo acritico appoggio, nel voto di protesta antistemico o nell’astensione qualunquista.
La tragica operazione del liberi tutti, dell’antipolitica diventata governo, ci ha lasciato un paese iroso ed incanaglito, con gli stessi elettori entusiasti del Cavaliere che hanno mutato la loro fede assoluta in abiura e dimenticanza, nella ripetizione del solito costume italiano dell’io non li homai votati” o “non me ne ero accorto”, del “fanno tutti schifo” che nasconde il fatto che in molti sceglievano entusiasticamente di votare chi faceva più schifo degli altri, riempiendo Parlamento e Consiglio Comunali di mariuoli, pregiudicati e candannati.
E’ qui, in questo sfiguramento della politica che ha toccato un centrosinistra così pragmatico da diventare esangue ed infiltrabile da arrivisti e maneggioni, che nasce e prospera il grillismo, rafforzato dal crollo della diversità leghhista e cibandosi della stessa retorica anti-partitica, mentre i partiti come struttura organizzata, di governo e di “pedagogia” della politica si sono già estinti.
Ma il Movimento 5 Stelle appare qualcosa di più, è il segno di un’ultima volontà di cambiamento che riguarda un pezzo (o forse due) di un corpo elettorale stanco ma non ancora defluito nell’astensionismo senza ritorno o speranza. E’ un appello, forse contraddittorio e venato di un populismo che sconfina negli slogan di certa destra localista, a restare nell’ambito della politica, a combatterla basandosi soprattutto nella denuncia dei suoi difetti: è lo specchio deformato nel quale Bersani e Vendola non vorrebbero guardarsi, il cristallo rotto del Berlusconismo rifugiatosi dall’amico Putin. Quel 10% di media dei grillini nel centro-nord, che tracima nelle regioni “rosse” e in qualche città del nord, è il grido inascoltato di una parte (spesso colta e informata) dell’opinione pubblica che, con riflesso di massa che di solito in politica si manifesta solo in momenti di crisi, dicono la misura è colma. Il riflesso difensivo contrario, il gridare all’”antipolitica” non serve a niente, come dovrebbero aver dimostrato il populismo berlusconiano e la xenofobia leghista, serve invece una buona (e rinnovata negli uomini e nelle strutture) politica che sappia dare orizzonti ideali e scelte chiare, una politica che non emerge dal voto, che ci pare segni anche la fine della stagione dei “sindaci”, del virtuosismo locale contrapposto alla palude romana.
Serve tornare ai valori non abbandonati da Hollande in Francia, una visione planetaria dell’economia, dell’ambiente e delle risorse. Il voto in Francia, Grecia e Germania (e più confusamente in Italia) ci dice che la “gente”, diventata nuovamente cittadini ed elettori, non ha più paura dell’idolo sacro dei mercati, della finanza ricattatoria che minaccia di mettere in ginocchio chi non si adegua, vota in maniera contraddittoria e confusa, che riflette la confusione e la contradditorietà di una politica in crisi ideale ed etica, fregandosene di borse e mercati ormai diventati molok astratti, lontani dalla loro vita quotidiana, spauracchi feroci che hanno svuotato le tasche dei cittadini, impoverite le loro vite, e che ormai non hanno altro tributo da chiedere che il loro futuro.
Sta qu, in questa chiusura dell’orizzonte, in questo improvviso ingrigire del luccicante giocattolo della globalizzazione ipercapitalista, la crisi de centro-destra europeo ed italiano e il riemergere di una destra estrema che si ciba di questa paura,
Sta qui lo stretto passaggio, sul filo della catastrofe economica e politica, dal quale tocca passare alla sinistra se vuole dare all’Italia ed all’Europa la speranza di vivere in pace, di essere ancora esempio di democrazia e progresso sociale per il mondo, di essere un luogo di cittadini e non di consumatori impauriti dallo spred.