Prendo spunto dall’articolo di ieri del Prof. Tanelli, e provo a calcare un po’ la mano.
Ero un ragazzino 13enne ma ricordo la missione Apollo 8 che l’amico Beppe richiama nel suo articolo-allarme. Condivido totalmente le sue preoccupazioni. E il fatto che una “piccola” Greta Thunburg abbia alzato la voce su quanto davvero – non è più tempo di ipotesi e chiacchiere – stia accadendo alla nostra Isola Terra, dovrebbe scuotere e far impallidire i “grandi” che hanno in mano le leve del nostro destino. E soprattutto dei coetanei di Greta e delle generazioni a venire.
La chiosa geologica ci sta, eccome se ci sta! Ai miei amici, ma in particolare ai miei ragazzi, non mi stanco mai di ripetere che conoscere un po’ di Geologia serve (servirebbe!) a tutti; perché insegna non solo a conoscere i “sassi”, ma anche noi stessi e chi siamo, in quale popò d’avventura l’evoluzione ci ha infilato, e quante siano le nostre responsabilità nei confronti della “casa” che abitiamo. Si, perché abitare la Terra la vedo un po’ come se avessimo un comodato d’uso a tempo, scaduto il quale subentra un’altra generazione cui dobbiamo assicurare pulizia e risorse da tramandare a quella che segue. E così via, come accade (a farla lunga!) solo da un paio di decimillennni, ovvero dacché l’inquilino che si è fatto padrone indiscusso di tutto, è giunto perfino alla autoproclamazione doppio sapiens. Senza il consenso di nessuno, ovviamente: e chi glielo doveva dare il consenso? Se l’è preso e via, come fa con tutto il resto. Concordo con il Prof. Vittorino Andreoli per una rivisitazione della specie in doppio stupidus!
La questione (in base geologica), non ha ovviamente interesse solo per chi studia, o semplicemente ama la Geologia, ma per tutti. Come sappiamo - lo ricordo a chi digiuna di Geologia e mangia tecnologia -, gli scienziati collocano l’origine del nostro pianeta azzurro a 4,6 miliardi di anni fa, e per evidenti ragioni di praticità e di studio, questo lunghissimo periodo lo hanno suddiviso in ere geologiche, lunghe centinaia di milioni di anni. A loro volta le ere sono state suddivise in periodi, questi in epoche e queste infine in età. Tutto questo serve per circostanziare fatti e accadimenti via via sempre più nel dettaglio.
Il pezzetto finale della storia della Terra (per ora, e certo solo per noi) è chiamato Quaternario o era Neozoica, suddiviso in Pleistocene, la parte più antica che i geologi collocano a partire da circa due milioni di anni fa (quello in cui è ambientato il film d’animazione con protagonisti Sid, Manfred, Scrat, Diego ecc.), e Olocene, iniziata appena 10.000 anni fa. Tralasciando per ovvie ragioni di spazio e di argomento cenni alla nostra evoluzione darwiniana, oggi noi sapiens viviamo nell’Olocene. Un frammento microscopico della lunga vita della Terra.
Ebbene, l’uomo ha studiato, capito (molto, non tutto) e datato l’età della terra, ne ha quantificato la sua suddivisione fino all’Olocene ma… oggi si è capito che non basta. Si deve prendere in considerazione che sia da qualche tempo iniziata una nuova era, che come caratteristica ha l’azione dell’uomo sul pianeta.
Benvenuti nell’Antropocene! Scrive Paul Crutzen, premio Nobel per la chimica nel 1995, nonché autore dell’omonimo libro. Crutzen adottò questo termine (Antropocene, assonante con Miocene, Pliocene, Pleistocene, Olocene… ma con l’Antropos prefisso, proprio a “merito” dell’uomo), durante una riunione dell’International Geosphere-Biosphere Programme tenutasi in Messico nel 2000. Il termine Antropocene era stato coniato negli anni ottanta da Eugene Stoermer, biologo statunitense recentemente scomparso, ma già pensato – in termini simili – dal Geologo italiano Antonio Stoppani il quale nel 1873 già non dubitava di “...proclamare l’èra antropozoica...” definendo l’uomo “...una nuova forza tellurica, che, per la sua potenza e universalità, non sviene in faccia alle maggiori forze del globo.”
Il concetto di era Antropozoica evoluto nel termine Antropocene, esalta e rende percepibile ancor meglio l’incidenza delle azioni dell’uomo sul pianeta.
Ci sono diverse proposte sul collocamento dell’inizio dell’Antropocene: si va dal Medioevo alla prima rivoluzione industriale, allo scoppio della prima bomba atomica nel deserto del New Mexico il 16 luglio 1945, o ancora molto più indietro nel tempo, quando l’uomo causò l’estinzione dei grandi mammiferi dell’Asia e dell’America. Certo appare condivisibile l’insieme delle proposte, associate all’avvio della massiccia industrializzazione, della deforestazione, e ancor più con la “Grande accelerazione” dell’ultimo dopoguerra, periodo dal quale l’umanità ha massicciamente condizionato l’ecologia mondiale.
Sono certo che di Antropocene sentiremo parlare sempre più. Come l’inizio di una nuova “storia” geologica che ci riguarda molto, dell’impatto spesso irreversibile che imprimiamo all’ambiente, degli sconvolgimenti climatici, della tropicalizzazione, delle alluvioni così come della siccità, della desertificazione, dei tornado, in una degli eventi naturali che diventano catastrofici quando interagiscono con la presenza umana. Le “catastrofi naturali” infatti, come per definizione spesso ci propongono i media, non esistono: esistono solo “eventi naturali” anche potentissimi, ma che catastrofici si fanno solo a fronte di scelte sbagliate dall’uomo. Qualche esempio? Costruire insediamenti abitati su paleofrane, in vicinanza di faglie tettoniche o di edifici vulcanici, deviando o alterando naturali corsi d’acqua ignorando che l’acqua ha una memoria più lunga della nostra, immettendo gas serra in atmosfera senza considerare i contraccolpi che ne derivano per il clima.
“Perdiamo complessivamente ogni anno dalle 11.000 alle 58.000 specie, concentrate soprattutto nelle regioni tropicali. Il termine tecnico coniato per questo fenomeno è de-faunazione dell’Antropocene. Stiamo spolpando il pianeta, il che denota un atteggiamento di predatoria idiozia.”
Vogliamo che l’Antropocene sia la nostra ultima fermata?
Forse le cose viste da fuori si comprendono meglio. Così, come iniziato con l’articolo sulla missione Apollo 8, concludo con una immagine dallo spazio e un pensiero immensamente più alto del mio.
Spero sia letto da tanti, che si comprenda da queste semplici parole chi e cosa siamo, quale grande responsabilità ci sia stata assegnata dalla Natura e dalla nostra stessa evoluzione.
Nicola Gherarducci
1 - 1873 Antonio Stoppani – Corso di Geologia Vol. II
2 - 2018 Telmo Pievani – Homo Sapiens e altre catastrofi
1990 - La terra (il puntino) vista da sei miliardi di chilometri (orbita di Plutone) - Vojager 1
«Guardate ancora quel puntino. E' qui. E' casa. E' noi. Su di esso, tutti quelli che amate, tutti quelli di cui avete mai sentito parlare, ogni essere umano che sia mai esistito, hanno vissuto la propria vita. L'insieme delle nostre gioie e dolori, migliaia di religioni, ideologie e dottrine economiche,così sicure di sé, ogni cacciatore e raccoglitore, ogni eroe e codardo, ogni creatore e distruttore di civiltà, ogni re e suddito, ogni giovane coppia innamorata, ogni madre e padre, figlio speranzoso,inventore ed esploratore, ogni predicatore di moralità, ogni politico corrotto, ogni "superstar", ogni"comandante supremo", ogni santo e peccatore nella storia della nostra specie è vissuto lì - su un granello di polvere sospeso dentro ad un raggio di sole. La Terra è un piccolissimo palco in una vasta arena cosmica. Pensate ai fiumi di sangue versati da tutti quei generali e imperatori affinché,nella gloria ed il trionfo, potessero diventare i signori momentanei di una frazione di un punto. Pensate alle crudeltà senza fine impartite dagli abitanti di un angolo di questo pixel agli abitanti scarsamente distinguibili di qualche altro angolo, quanto frequenti i loro malintesi, quanto smaniosi di uccidersi a vicenda, quanto ferventi i loro odii. Le nostre ostentazioni, la nostra immaginaria autostima, l'illusione che abbiamo una qualche posizione privilegiata nell'Universo, sono messe in discussione da questo punto di luce pallida. Il nostro pianeta è un granellino solitario nel grande, avvolgente buio cosmico. Nella nostra oscurità,in tutta questa vastitudine, non c'è nessun'indicazione che possa giungere aiuto da qualche altra parte per salvarci da noi stessi. La Terra è l'unico mondo conosciuto che possa ospitare la vita. Non c'è nessun altro posto, perlomeno nel futuro prossimo, dove la nostra specie possa migrare. Visitare, sì. Abitare, non ancora. Che vi piaccia o meno, per il momento la Terra è dove ci giochiamo le nostre carte. E' stato detto che l'astronomia è un'esperienza di umiltà e che forma il carattere. Non c'è forse migliore dimostrazione della follia delle vanità umane che questa distante immagine del nostro minuscolo mondo. Per me, sottolinea la nostra responsabilità di occuparci più gentilmente l'uno dell'altro, e di preservare e proteggere il pallido punto blu, l'unica casa che abbiamo mai conosciuto."
Carl Sagan, "Pale Blue Dot"