I responsabili della gestione idrica dell’Elba (A.S.A. S.p.A.) avevano, hanno, ed avranno sempre il “dovere istituzionale” di provvedere anzitempo con piani operativi di breve-medio e lungo respiro per rendere l’Elba esente dalle emergenze idriche a cui invece è stata sottoposta negli ormai tanti anni di gestione con le conseguenze e ricadute negative sul piano sociale ed economico.
Il verbo “Prevenire” è stato ignorato da A.S.A. preferendo una sconcertante navigazione a vista nella gestione del settore idrico elbano. Si è infatti proceduto nell’illogco tentativo di realizzare all’Elba prima l’invaso del Condotto ed ora, alla luce del relativo fallimento, il dissalatore di Mola, entrambe progetti di illogicità perché privi di fondatezza tecnico-scientifica ed ambientale.
Da tali considerazioni nasce il bisogno di sottoporre, con oggettive argomentazioni tecnico-scientifiche ed ambientali, ad analisi sia quanto attuato in Località Bucine di Portoferraio che il tentativo in essere di realizzare il dissalatore a Mola dal gestore idrico competente per l’Elba.
Previo progetto esecutivo del novembre 2011, in data 06/12/2012 hanno avuto inizio a Portoferraio i lavori di un cosiddetto “adeguamento funzionale ad uso irriguo ed idropotabile del laghetto del Condotto”, lavori che venivano dati per finiti per il termine perentorio del 02/10/2013. Committente del progetto era A.S.A S.p.A. e l’importo iniziale dei lavori era di euro 589.492,00.
L’invaso veniva realizzato in una ex-cava di calcare in Località Condotto ormai dismessa da oltre un decennio dove non vi era, né vi è, alcuna valle fluviale di qualche significatività idrica né vi poteva essere sbarrato un fosso di una qualche portata, in quanto inesistente, con bacino imbrifero molto limitato dal punto di vista quantitativo di apporto idrico, con conformazione morfologica stretta a monte e molto larga a valle laddove avrebbe dovuta essere incassata la diga di sbarramento.
Si era dunque in una situazione complessiva contrastante con i parametri di riferimento oggettivi universalmente riconosciuti che devono presiedere alla realizzazione di un qualunque anche modesto bacino idrico artificiale. Si era, e si è, in presenza di un’acclarata scarsezza della piovosità totale (area semiarida) con sfavorevole distribuzione delle precipitazioni nell’arco dell’anno con frequenti periodi estivi di assoluta siccità. In via preliminare, la selezione operata per la ricerca del luogo idoneo ad un invaso, ed anche per il dissalatore, porta ad escludere quelle soluzioni che presentino perplessità di fondo o evidenti carenze idrografico-idrologico-geotecniche ed ambientali.
In definitiva esistevano oggettivi motivi di più che particolare attenzione che avrebbero dovuto essere rigorosamente valutati prima di dare il via all’invaso del Condotto.
Gli ideatori di tale illogico progetto per l’oggettiva mancanza d’acqua piovana, anziché soprassedere alla progettazione e conseguente tentativo realizzativo, hanno pensato di realizzarlo comunque portandovi acqua dai pozzi pubblici degli Orti (cioè dalla Val di Cornia) imponendo al progetto di prevedere l’allaccio dell’invaso alla dorsale idrica elbana in entrata ed in uscita per portarvi prima acqua dagli Orti e poi in uscita per immetterla nella rete distributiva elbana.
Attendiamo che A.S.A. ed A.I.T. si decidano a dare attuazione concreta alla sezione “Amministrazione Trasparente” in attuazione del Decreto Legislativo 14 marzo 2013 n. 33 e dicano perché si è voluto ad ogni costo far assurgere ad invaso collinare multifunzionale irriguo ed idropotabile quella cava del Condotto di Portoferraio e quanto è realmente costato il cosiddetto invaso collinare del Condotto .
Luciano Campitelli