L’enciclopedia Treccani definisce così il termine Resilienza. “In ecologia è la velocità in cui una comunità (o un sistema ecologico) ritorna al suo stato iniziale, dopo essere stato sottoposto a una perturbazione che l’ha allontanata da quello stato; le situazioni possono essere causate sia da eventi naturali sia da attività antropiche.”
Per fare un esempio pratico sul nostro territorio, si parla di resilienza di un bosco bruciato riferito al la capacità di rigenerarsi e crescere spontaneamente.
Viene da sé quindi dedurre che sostenibilità e resilienza sono strettamente connesse tra di loro e che la politica deve in primis tenere conto ed essere condizionata da questi due fondamentali fattori nella gestione del territorio e di chi ci vive.
L’Italia non possiede le cosiddette materie prime – se non in piccolissima percentuale- così decisive per lo sviluppo produttivo industriale e non solo. L’Italia possiede se stessa, con la sua grande storia fatta di invasioni da parte di altri popoli che ci hanno lasciato molto dal punto di vista storico e culturale. La sua posizione geografica, tuffata nel Mediterraneo l’ha da sempre portata ad essere al centro del commercio di tutto i paesi che vi si affacciano. Noi stessi siamo una mescolanza di genti precedenti che ci hanno tramandato usi, tradizioni e sapere in ogni campo dell’attività umana.
Da sempre quello che ormai nel mondo viene definito il “genio italico” ci ha permesso di progredire crescere e accrescere le nostre conoscenze, incrementando innanzitutto il Sapere. Le nostre università hanno storia antica, senza per forza nominare Leonardo da Vinci, le menti italiane hanno eccelso in ogni campo dello scibile umano.
Se anche solo per poco ci guardiamo attorno, scopriamo segni tangibili belli e talvolta imponenti di chi è stato Italiano prima di noi, anche prima dell’Unità d’Italia.
La conoscenza, la creatività, l’arte e la bellezza sono il vero antidoto alla crisi e alla depressione sociale che essa si è trascinata velocemente con sé.
Portoferraio Fortezza è bellissima, è stata pensata e voluta da un grande. Anni dopo per altre necessità industriali è stata rimaneggiata ed i suoi palazzi rialzati per far fronte a nuove esigenze abitative; poi si è cominciato ad usare il suolo oltre le mura, e non ci si è più fermati, anche quando dentro le mura c’era ancora posto (nel senso di case libere).
Adesso nel centro storico i residenti sono notevolmente diminuiti e conseguentemente anche le attività commerciali, è triste vedere i cartelli “affittasi” sulle vetrine che sino a poco tempo fa erano vissute. La crisi economica sta divorando il piccolo commercio soprattutto, allora perché non avere uno scatto di Resilienza e provare a progettare un futuro a breve e magari a bassissimo costo per riportare il centro di Portoferraio a nuova vita?
E forse lo si potrebbe fare senza spendere grandi cifre.
Esempio: togliere il cosiddetto arredo urbano, costoso e stravolgente dal punto di vista storico ed architettonico, ma al contempo riportare a vista i marciapiedi di pietra rosa –vedi via del Carmine- e magari togliere completamente l’asfalto da tutte le vie , come per altro è stato fatto in via Roma.
Se proprio vogliamo un po’ di verde e di fiori, invogliare anche con un piccolo contributo -5 euro- i residenti a posizionare fioriere alle finestre, proviamo ad immaginare tutte le finestre della calata con fiori. Che spettacolo.
Occorrerebbe togliere il parcheggio da piazza della Repubblica e spostarlo magari alle Galeazze, e al suo posto piantumare nuovi alberi e trasformarla in una vera piazza, che adesso non c’è più. La piazza è il fulcro centrale di un paese, di una comunità, tutto ruota intorno ad essa. Togli la piazza e la vita comunitaria e sociale finisce. La nuova piazza servirebbe in estate per dare frescura ai turisti che si avventurano sulle belle gradinate, per incontri ed eventi, per i bambini che vi potrebbero giocare senza pericoli, o semplicemente per sedersi sulle panchine e fare due chiacchiere.
E’ indispensabile far tornare a vivere le giovani famiglie nel centro storico e quindi renderlo loro facilmente accessibile. Adesso la nostra vita quotidiana ruota attorno alla mobilità privata, alla possibilità di trovare un parcheggio accessibile e a costo zero, e quindi occorrerebbe mettere a disposizione di chi volesse vivere a pieno le strade del centro parcheggi dedicati e linee di bus/navetta gratuite ad ogni ora del giorno e di sera, e per tutto l’anno.
Ma occorre affrontare un altro grande problema: la mancanza di case in affitto a prezzi accessibili per le giovani coppie. La politica degli ultimi decenni ha indirizzato i privati verso la proprietà individuale della casa ove vivere, e abbiamo sotto gli occhi i danni che questa ha provocato se in contemporanea non si attua una politica della casa per chi la proprietà non può permettersela. Occorre allora che si trovi un punto di incontro tra i proprietari di alloggi inutilizzati, chi ne ha bisogno, e le banche che a tassi più adeguati al momento permettano ristrutturazioni convenienti economicamente ai proprietari, i quali potranno locare a prezzi adeguati con la sicurezza però di riscuotere, e nel contempo avere l’adeguamento della proprietà con un impegno finanziario non troppo oneroso.
Potrebbe la politica invogliare il vivere nel centro storico con sgravi fiscali e sburocratizzazione delle pratiche di ristrutturazione ai fini del risparmio energetico, si potrebbe facilitare la costituzione di gruppi di acquisto per esempio dei materiali edili ed infissi di ultima generazione, mettendo attorno allo stesso tavolo le imprese costruttrici locali, gli studi tecnici ed i fornitori. Inutile dire che in questo modo si darebbe energia al lavoro elbano.
Vedere le finestre perennemente chiuse di molte abitazioni fa solitudine, non solo tristezza. Basta scambiare due parole con chi vive in centro, soprattutto nella parte alta, e ci si rende conto di quanto siano soddisfatti del silenzio e del panorama di cui godono da lassù.
Si potrebbe prendere in considerazione la creazione di un orto collettivo per gli anziani e giovani disoccupati insieme all’interno delle fortezze, magari in collaborazione con Slow Food, magari andando a cercare antiche sementi e frutta locale. Alla fine si creerebbe un legame virtuoso per cui poi le Fortezze potrebbero volentieri essere tenute pulite dagli stessi portoferraiesi.
Quel legame virtuoso che negli ultimi anni si è perso, per cui lo sporco abbandonato nelle strade aumenta, in alcuni punti le erbacce sono padrone dei marciapiedi e i punti di incontro sono diventati i supermercati.