In Italia a differenza della Francia, Germania, Inghilterra ma anche Portogallo dove le aree protette, sia regionali che nazionali è avvenuta simultaneamente nel corso del secolo passato, si distinguono due fasi cronologicamente distinte. Quelle regionali sono state istituite prima ( ad accezione dei parchi storici ma che sotto questo profilo riguardano un’altra situazione storica) e non sulla base di una legge nazionale ma di leggi regionali riconosciute e legittimate successivamente dalla legge quadro 394 del 91.
Sono nate così in tempi e situazioni diverse e con differenti leggi quasi sempre specifiche solo dopo ricondotte ad una legge regionale che ne ha raccordato ruoli e funzioni. Tra il 1974 e il 1990 alla vigilia cioè della approvazione della legge quadro ne furono istituiti 70 oltre a 115 riserve, 7 aree protette, 149 biotopi, 2 monumenti naturali e 12 parchi urbani e sub-urbani. Sono dati reperibili in un articolo del Numero 0 di Parchi (maggio 1990) di Stefano Cavalli un tecnico del Parco di San Rossore che con Roberto Saini responsabile dei Parchi della Regione Piemonte sulla base anche di un questionario nazionale predisposto dal Gruppo Parchi dell’Unione delle Province pubblicato per l’UPI avrebbe pubbicato il primo libro in Italia dedicato appunto ai parchi regionali citato in tante bibliografie e oggi ormai introvabile.
Sullo stesso numero di Parchi si può leggere la posizione del Coordinamento Parchi che in un suo documento rilevava l’esigenza di un ulteriore approfondimento della elaborazione del testo predisposto dalla Camera in cui non a caso veniva sottolineata preliminarmente l’esigenza di stabilire un raccordo tra il dibattito in corso al Parlamento sulle riforme dell’ordinamento locale e l’argomento oggetto della legge quadro. Al riguardo si rilevava l’inopportunità di stabilire un modello di Ente parco da calare automaticamente in tutto il territorio nazionale. Ciò contrastava infatti con l’autonomia delle Regioni e degli Enti locali, ed inoltre non teneva conto del fatto che oggi in Italia esistono (come abbiamo visto) oltre settanta parchi regionali e centro trenta riserve naturali, entità gestite in maniera diversificata a seconda delle scelte delle singole Regioni mediante leggi-quadro o comunque in base agli specifici provvedimenti istitutivi, frutto di un lungo lavoro di consultazione e partecipazione fra i vari livelli istituzionali e le forze sociali
Già qui si ha conferma che il percorso regionale è stato segnato fin dall’inizio sia dove la legge regionale come in Piemonte aveva riguardato il sistema regionale nel suo complesso fissando precisi riferimenti e criteri unificanti, sia dove -come nel caso del parco regionale del Ticino ma anche della Maremma- la istituzione di questi parchi aveva preceduto l’approvazione di una legge regionale. Non sono state queste naturalmente le sole differenze visto che Regioni speciali come la Sicilia avevano potuto istituire propri importantissimi parchi regionali ma anche non meno importanti riserve avvalendosi appunto di competenze ‘speciali’ in ambiti come le foreste, le coste etc. Tanto è vero che in Sicilia il panorama dei parchi e delle aree protette resta tutt’ora sotto questo profilo caratterizzato dall’assenza di parchi nazionali se si fa eccezione dei travagliati e confusi tentativi anche recenti di istituirne specialmente a mare. E se tutti o quasi questi nuovi parchi sono stati gestiti alla partenza da Consorzi di enti locali in base al T.U. del 34 successivamente si sono generalmente conformati all’art 24 della 394 che prevedeva anche la gestione di un ente con caratteristiche simili a quello dei parchi nazionali. Una libera opzione che vide alcune regioni –tra queste la Lombardia e l’Emilia Romagna- preferire la conferma dei consorzi. Ciò che comunque aveva accomunato esperienze e situazioni contraddistinte anche sul piano normativo era appunto il coinvolgimento delle comunità locali per la prima volta chiamate a misurarsi e decidere su politiche ambientali fino a quel momento estranee agli enti locali ma anche allo stato che faticava a concludere su una legge nazionale da anni in discussione al Parlamento che non riusciva tuttavia a trovare una conclusione. E anche quando si era finalmente giunti alla vigilia dell’approvazione come rilevava il documento del Coordinamento le Regioni, gli Enti locali e i parchi da loro istituiti non trovavano ancora quel riconoscimento ‘paritario’ sia nei finanziamenti discriminatori a seconda della tipologia –nazionali e regionali -che nei coordinamento con lo Stato specialmente evidenti e persistenti in riferimento ai parchi marini.
Fin qui la posizione dei parchi regionali da poco costituitisi al Parco della Mandria in Coordinamento nazionale.
Su Parchi la rivista del Coordinamento-è riportata anche la posizione delle Regioni che in un loro documento rilevavano innanzitutto che il testo della legge quadro ‘neppure accennava’ alla questione dei parchi e delle riserve regionali. Bisognava dunque basare la legge sui principi della ‘cooperazione’, ‘collaborazione leale’, della pari dignità tra le amministrazioni centrali dello Stato e le Regioni e Province autonome. I parchi e le aree protette erano concepiti giustamente come momento e strumento di una programmazione generale –si citava non a caso la legge 183 dell’89 sulla difesa del suolo- che poi come sappiamo avrebbe stentato a decollare anche negli anni successivi e oggi più che mai.
Alle esperienze regionali il Coordinamento prima e Federparchi poi avrebbero continuato a dedicare grande attenzione e specifiche e importanti riflessioni. Solo nel 1995 furono pubblicati uno speciale sui 20 anni delle aree protette del Piemonte, una rassegna dei Piani dei parchi metropolitani della Lombardia, Parchi della Lombardia, una rassegna dei Piani dei Parchi montani e forestali della Lombardia, uno speciale sulle Aree protette in Toscana. Negli stessi anni troviamo importanti momenti di riflessione e confronto su queste esperienze e il loro rapporto con l’impegno nazionale del Ministero del Centro Studi Valerio Giacomini di Gargnano e più di recente della Collana sulle aree naturali protette dell’ETS che ha dedicato volumi ai parchi della Toscana, della Liguria, del Lazio ed anche a quelli fluviali, metropolitani e montani.
Negli ultimi anni tuttavia a far data in particolare con la gestione ministeriale della Prestigiacomo il quadro è profondamente cambiato in peggio al punto che i parchi regionali sono stati i primi a finire nel mirino della abrogazione. Aveva cominciato l’UPI con la richiesta di scioglierli per ereditarne le funzioni cosa peraltro impossibile. Ci aveva poi messo un carico il ministro Calderoli proponendone l’abrogazione pura e semplice. Nel frattempo e in concomitanza con questa campagna che non aveva precedenti nella pur mai tranquilla nuova stagione iniziata con il 1991 anche i parchi nazionali sono entrati nell’occhio del ciclone e non più soltanto per le aree protette marine che erano rimaste al palo nonostante le denunce ed anche le proposte avanzate e formalmente accolte alla Conferenza nazionale di Torino da Federparchi che le aveva messe a punto con il suo progetto Coste Italiane Protette ( CIP).
L’abrogazione più recente dei Consorzi di gestione dei parchi regionali pur contestata sul piano giuridico e costituzionale ma messa in atto in tempi ristretti ha creato ulteriori problemi e difficoltà sia in Lombardia che in Emilia-Romagna. Specie nella prima lo scioglimento dei Consorzi a offerto una sponda alla regione per ridimensionare di fatto il ruolo degli enti locali nella gestione dei parchi tanto più contraddittoria in una regione che era stata tra le prime e non solo con il Parco del Ticino a coinvolgere gli enti locali su un piano di pari dignità.
In Emilia si è invece proceduto ad un nuovo accorpamento delle aree protette su scala interprovinciale e in qualche caso anche interregionale che ha creato non pochi problemi di assestamento data anche la situazione generale.
Pure il Piemonte tra le prime regioni come abbiamo ricordato a dotarsi di una legge regionale ha proceduto dopo una serie di tentativi non riusciti ad accorpare il suo sistema di aree protette molto frammentato. Anche in questo caso non sono mancate difficoltà e problemi.
Le Marche si sono appena dotate di una nuova legge che aveva immediatamente incontrato la decisa opposizione dei parchi marchigiani e alla quale si è dovuto rimettere mano per non intervenire soltanto con tagli fortemente penalizzanti anche della autonomia degli enti.
In Umbria i parchi regionali erano già stranamente finiti nel comparto delle comunità montane poi anch’esse sbaraccate e di fatto sono stati confinati nella azienda forestale.
Situazione disastrosa nel Lazio dove i parchi regionali sono in via di smantellamento.
Stranamente ferme le cose in Toscana dove da alcuni anni che hanno visto avvicendarsi ben tre assessori si sta ora lavorando ripartendo da zero alla nuova legge che c’è da augurarsi tagli questa volta il tanto agognato traguardo.
La Liguria ha avuto e continua ad avere i suoi problemi specie dopo il Commissariamento del Parco delle 5 Terre ma soprattutto in rapporto al Santuario dei cetacei in questo caso unitamente alla Toscana e alla Sardegna specie dopo il Concordie.
Anche fermandoci a queste poche annotazioni che meriterebbero di essere estese naturalmente a tutte le regioni e in maniera più approfondita si può dire senza tema di smentita che in conseguenza principalmente ma non esclusivamente delle politiche nazionali anche il contesto regionale probabilmente non ha mai attraversato una fase così opaca e contraddittoria al punto che in moltissime situazioni i parchi sono diventato più oggetto di tagli e ridimensionamento oltre che terreno di diatribe politiche spesso penose che di concrete politiche ambientale.
Pensare che questo come le vicende di quelli nazionali dipenda in particolare dalla legge 394 è una balla bella e buona.
Chi ricorda altre stagioni nazionali e regionali non fatica a scorgere quanto oggi manchi su questi temi nelle realtà regionali e tra le regioni in cui da tempo non si registrano momenti e appuntamenti di confronto e di riflessione.
Basta per questo ricordare consultare la rivista Parchi con i suoi Speciali su molte situazioni regionali per cogliere la distanza sconfortante sul piano istituzionale, politico e culturale.
L’intralcio sul piano nazionale come su quello regionale non sta davvero nella legge quadro ma semmai proprio nella sua mancata attuazione in passaggi decisivi a partire dal ministero. Il rimedio può essere solo politico a Roma come nelle Regioni.