La storia appare complicata e difficile. Spesso abbiamo paura. Attendiamo una risposta che ci incoraggi e ci aiuti ad affrontare i momenti difficili, che ci sospinga verso traguardi di umanizzazione.
Questa che attraversiamo è “una” notte di timore e incertezza. Per molti, la nostalgia del passato e l'ansia del futuro impediscono di vivere bene il presente. Ma cosa aspettiamo? A cosa aggrappare la nostra speranza?
Il presente, ci dice Gesù nel vangelo di oggi, non è disperato. “Fate attenzione! Vegliate! Vigilate!” e così potrete comprenderlo. La storia è nelle mani di Dio e l'esito non è la morte ma la vita.
Questa convinzione rende capaci di vivere il presente con la fiducia in Dio e negli uomini, per ciascuno dei quali Cristo ha dato la vita. E questa fiducia si traduce in una vita semplice, all'insegna dell'umiltà e dell'attenzione ai fratelli. In questo modo, con dolcezza e nonviolenza, sarà possibile distogliere gradualmente lo sguardo dal proprio io e dai desideri di attaccamento e possesso. Così l'attesa sarà gravida degli altri e, pertanto, del Dio che viene sempre nella storia personale e universale.
Fare attenzione vuol dire mettersi in ascolto dei segni dei tempi, perchè Dio è all'opera ma va scoperto. La dimensione necessaria è quella del “noi”, che supera ogni indvidualismo e apre lo sguardo sul pianeta e l'umanità che lo abita.
Il pianeta è malato, la crisi socio-ambientale è innegabile, le disuguaglianze crescono, la minaccia nucleare ha ripreso forza. Questo è il mondo attuale che porta morte. Eppure, facendo attenzione, scutando oltre lo spettacolo mediatico, è possibile incontrare il nuovo che cresce, i segni forieri di futuro che emergono dal cambiamento di epoca.
La scorsa settimana, Assisi è stata al centro del mondo. Duemila giovani economisti si sono incontrati da remoto per parlare di economia. Hanno risposto all'appello di papa Francesco di dar vita ad un evento che è stato chiamato “Economy of Francesco”. Si tratta dei rappresentanti di migliaia e migliaia di realtà che nel mondo studiano e praticano un'economia diversa, “quella che fa vivere e non uccide, include e non esclude, umanizza e non disumanizza, si prende cura del creato e non lo depreda”.
E' un segno di speranza, che viene da chi è aperto a tutti e costruisce ponti al di là delle diversità religiose. Il cristiano e le comunità cristiane colgono in questi segni il dinamismo della risurrezione (della vita) del Dio che si è impastato con l'umanità per salvarla dalla brama di potere e dall'ansia di possesso che conducono al fallimento dell'esistenza.
Essi attendono come il contadino: sa che la terra produce frutto dal seme gettato e, nel frattempo, non resta inoperoso: vigila curando la terra, fa attenzione ad eliminare ogni ostacolo. Così, al suo ritorno, il padrone troverà custodi vigili, e non dormienti o con le mani in mano perchè rassegnati senza fede e speranza.
(29 novembre 2020 – I domenica di Avvento per i cristiani)
Nunzio Marotti