So bene che si rischia di passare per matti andando avanti tutta la vita a rompere gli zebedei con la storia del comune unico (a maggior ragione visto che le castronerie a raffica inanellate dai primi cittadini degli 8 vigenti possono benissimo far diventare quello del comune unico una sorta di sogno ossessivo, patologico) tanto più che l’unico comune è stato bocciato dalla maggioranza schiacciante degli elbani, ragion per cui, dicono in molti, il discorso è chiuso.
Maggioranza schiacciante? Riflettiamo un attimo, ma solo un attimo, e diamo un’occhiata ai numeri del referendum che ha affossato il comune Elba.
Risulta evidente che senza dubbio una maggioranza schiacciante uscì dal referendum di quel lontano 2013: furono coloro che non votarono per nulla.
I numeri: elettori: 27763 (100%); votanti: 11867 (42,74); non votanti: 15896 (57,26).
Sono tanti. I non votanti. La maggioranza davvero schiacciante.
Per essere chiari su 10 elettori aventi diritto in 2,6 hanno detto no al comune unico, 1,7 ha detto si e 5,7 (più del doppio di quanti hanno detto no e più del triplo di quanti hanno detto si) non ha detto niente. Muti, silenti, disinteressati. Che vincesse l’una o l’altra parte all’ampia maggioranza assoluta importò meno che nulla.
Se il mio mestiere fosse la politica, specificamente la politica locale, e indipendentemente dalla parte in cui fossi stato al tempo del referendum, un risultato di quel genere mi avrebbe preoccupato. Ma fra quelli che la politica la fanno non è successo. Il risultato del referendum è stato archiviato, contro l’evidenza, come la definitiva vittoria dei contrari al comune unico, e ora, dopo un paio d’anni di conferme oggettive, se ancora ce ne fosse stato bisogno, che la frammentazione istituzionale è molto probabilmente l’ostacolo maggiore ad un equilibrato sviluppo dell’isola, la politica locale ricomincia a trastullarsi con i numeri. Da 8 a 4 o a 3 o a 6. Tempo perso per evitare di riconoscere che la soluzione non passa da una riduzione parziale del numero degli enti. Purtroppo è ancora, per molti, difficile ammettere che la sola alternativa concreta è rimasta quella di allora, fra un unico ente, dotato delle risorse necessarie, che abbia una visione unitaria del territorio che amministra, e un numero variabile di comuni, da 2 a venticinque, la cui gestione del territorio comune dipende esclusivamente dalla lettura che i singoli consigli danno delle priorità relative alla porzione sulla quale hanno competenza.