Per evitare equivoci desidero informare gli sparuti, se esistenti, lettori che sono cattivissimo. Non un cattivo così, sui generis, senza midollo, che esercita la propria cattiveria soltanto con coloro che non gli possono nuocere. Questo genere di cattivi in realtà altro non sono che brav’uomini disposti a sopportare le peggiori nefandezze se compiute da altri par loro o da soggetti dei quali, avendone soggezione per motivi veri o presunti, temono la reazione. Non sapendo cosa sia la vera cattiveria scendono in campo solo quando la battaglia è vinta in partenza, quando l’avversario è manifestamente più debole o più tonto, quando la paura che li attanaglia è sopita dalla fuga del nemico. A quel punto i loro incubi e timori si tramutano, d’incanto, in una cattiveria melensa, che nega se stessa accusando di barbarie e inciviltà le loro stesse vittime, inneggiando ai condottieri che li guidano nelle loro guerre da biliardino.
Vi ripeto: io sono cattivissimo. Sono così cattivo che se un gruppo di, che ne so, turisti svizzeri si imbottisse di birra a morte e cominciasse a schiamazzare e importunare la gente chiamerei il 112 o se una barca da diporto pretendesse di ancorarsi dove non può chiamerei la Capitaneria di Porto. Sono così cattivo che se qualcuno si provasse a chiudere un sentiero di libero transito avviserei il Comune nel quale il fatto è successo perché provvedesse a riaprirlo, sono così cattivo che, se vedo un camper posteggiato dov’è vietato farlo, telefono ai vigili perché lo multino. Sono così pervicacemente cattivo che se, così per dire, a qualcuno venisse la balorda idea di invocare la nostra Costituzione per supportare l’espulsione di gruppi etnici dal territorio comunale gliela farei imparare a memoria (trattenendomi a fatica dall’appioppargli qualche calcio nel culo, propedeutico ad un più sollecito apprendimento) con particolare cura per gli articoli 2, 3, 13, 16, 27.