Sulle prime ci siamo fatti una risata, apprendendo che (oltre la citata incommensurabile fava lessa che voleva zampicare tra i neonati rettili marini per "diritto turistico" ) un'altra persona, durante la schiusa delle uova, ha implementato lo sciocchezzaio spiaggino campese, chiedendo cortesemente agli studiosi e volontari presenti "di acquistare un tartarughino", con la fortissima motivazione che, essendo il genetliaco del figlio (un frugolo a cui va tutta la nostra solidarietà per avere un genitore così tonto), desiderava fargliene sorprendente dono.
Un'altra declinazione di fava - abbiamo pensato - la fava gentile, più umanamente accettabile della tracotante fava di cui sopra, una favetta come quelle primaticce piccole, non ancora granite, ma pur sempre fava.
Ma ripensandoci oltre alla natura leguminosa, abbiamo scoperto che tra i due bipedi c'era un altro robusto filo, quasi una sagola, di congiunzione:
- l'incommensurabile primaria fava pretendeva di stare dove non poteva stare perché "turista", ergo pagante per calcare l'ilvate suol
- la querula favetta del "datemi una tartarughina pel mi' bimbo... pagando s'intende" era pronto a mettere le mani al portafoglio.
forse c'entra poco ma ci siamo ricordati i versi di una vecchia canzone forse di Dario Fo
"Io riderò, il mondo è bello/ tutto ha il suo prezzo anche il cervello/ vendilo amico con la tua libertà/ e un posto avrai in questa società.
In quella canzone si parlava di follia, ma la sua sintesi è che c'è chi pensa che tutto abbia un prezzo e quindi sia sul mercato: la scienza e la coscienza, la cultura e l'ambiente, la bellezza e le emozioni, e su su fino agli altri umani, sciolti o a pacchetti, e se ci fosse qualcosa di superno pure fino a quello, un Dio (in tutte le sue realise terrestri) in saldo.
No, a ripensarci c'era poco da ridere.