Venerdì a Treviso dopo una lunga malattia si è spento Giacomo Coletti per il quale non ce la sentiamo proprio di scrivere in maniera formale.
Giacomo era un nostro carissimo amico, un portoferraiese vero, cresciuto in Piazza Traditi, ovverosia “Piazza Padella”, nel cuore del centro storico dove si respirava, nel dopoguerra, una dignitosa indigenza.
Giacomo aveva fatto una splendida carriera nella Guardia di Finanza, occupandosi di importantissime inchieste, affiancando con la sua intelligenza e la sua grande capacità di lavoro “grandi firme” della magistratura come Sanza, Stiz, Casson (di cui era anche molto amico), lavorando sullo Scandalo dei petroli, sulle vicende di Porto Marghera e su decine di altri casi di rilevanza nazionale.
Ha risieduto per la maggiore parte del tempo in Veneto, chiudendo il suo servizio tra le Fiamme Gialle, con il grado di Generale e con un incarico di prestigio nella Capitale.
Ma chi non lo ha conosciuto e lo pensasse come un “militare inamidato” sbaglierebbe di grosso, il brillante ufficiale della Finanza era rimasto dentro, e pure fuori, il ragazzo ferajese che odiava le ingiustizie, che non faceva mistero di avere un grande cuore battente a sinistra, ostentandolo anche con un certo gusto per la provocazione.
“Sai come si incazzano – ci disse una volta alle Ghiaie, ridacchiando, in una delle sue “puntate” portoferraiesi – quando mi vedono entrare al Ministero con l’Unità in tasca?” E quel giorno ci parlò anche di una storia lontana, dell’inchiesta a cui collaborava su un imprenditore rampante milanese e sulla provenienza dei soldi che gli servirono per realizzare una Nuova Milano; un’inchiesta che non poté seguire fino in fondo perché destinato ad altro incarico. E ci parlava di un suo pari grado che subito dopo si dimise dal corpo, entrò nella corte degli avvocati dell’imprenditore, per finire come parlamentare-dipendente dell’imprenditore, nel frattempo “rifugiatosi” in politica.
Tutte le volte che ci incontravamo l’informale generale finiva sempre per dirci: “vieni andamo a facci un topino” il bicchiere di vino che suggellava, quasi ritualmente, il nostro ritrovarci.
Se n’è andato prima di compiere 65 anni a pochi mesi di distanza da quando un altro Coletti, suo fratello Gianfranco, ha fatto il suo ultimo tuffo nel blu.
Certo, un destino veramente cattivo, quello di questi due “ragazzi di Piazza Padella” accumunati, oltre che dal sangue e dall’averci lasciato prematuramente, dall’essere in profondo improntati allo spirito di servizio, dall’aver speso la loro vita per la società, per gli altri, ed anche dal riuscire ad essere dei “grandi” in tutta modestia.
Ciao Giacomo, ti frego dal profilo Face-Book la foto da nonno felice, non potrei farlo stando alle regole, ma so che saresti d’accordo sul fatto che ben altre sono le trasgressioni da perseguire.
Stavolta il topino mi tocca berlo da solo.