“Secondo voi, ma chi me lo fa fare, di stare ad ascoltare, chiunque ha un tiramento?” Mi approprio dei versi di Francesco Guccini, nel cuore della notte, dopo che il calendario di Elbareport ha compiuto il suo undicesimo giro, 4018 giorni dopo il debutto, ed un mare di eventi, di fatti accaduti nella nostra vita, di distanza da quel 16 ottobre 2002.
Già cari lettori, ma chi me lo fa fare? Perché non è che ci sia solo da ascoltare e riportare i tiramenti di tutti, cretini (ne albergano anche nelle migliori famiglie) di turno compresi. Sarebbe il meno.
C’è anche da fare i conti con la delusione derivante dall’essere rimasti, per un tempo infinito, inchiodati col culo su una sedia a raccontare un declino, la parabola discendente di un’isola impoverita economicamente ed immiserita culturalmente, c'è stato da assistere alla verticale caduta della qualità della classe dirigente isolana, con il potere locale gestito con sempre meno tensione ideale, con l’affacciarsi frequente sulla ribalta politica di furbi interessati e di ambiziosi sciocchi, al punto da temere una larghissima intesa mardolotontocratica che ci porti alla finale rovina.
Ricordo che presentando qualche anno fa un libro di Oliviero Beha alla De Laugier, urtai la sensibilità e forse la suscettibilità di qualche spettatore affermando testualmente: “sotto la crosta di rispettabilità di quest’Isola scorrono fiumi di merda” e di lì a poco una parte di quella cacca copiosa sgorgò, ma lo spurgo non fu sostanziale, nessuna scatologica polla fu intaccata, ed oggi direi lo stesso, anzi peggio.
Già, peggio, perché gli elbani pronti a scendere in migliaia in piazza (giustamente) per difendere un ospedale, non sono capaci di alzare un dito contro chi devasta il loro territorio, sono sensibili alla presunta “colonizzazione” politica della Regione cinica e bara, ma non si domandano più neanche da dove arrivino i soldi di coloro che hanno tangibilmente colonizzato (forse “drogandola”) la nostra economia, come se fosse vero che i soldi non hanno odore.
Chi me lo fa fare undici anni e ormai un giorno dopo?
Violeta Parra in una sua canzone in cui protestava per l’imprigionamento “politico” di un suo fratello cantava: “Per fortuna ho una chitarra per cantare il mio dolore e ho altri nove fratelli oltre a quello che imprigionarono, tutti comunisti “con el favor de mi Dios” (grazie al mio Dio)”
Me lo fa fare che “con el favor de mi Dios” sono comunista, fatto che io personalissimamente interpreto come il non rassegnarsi davanti alle ingiustizie, non chinare la testa, non arrendersi mai, e, citando un signore che Matteo Renzi e molti altri fighetti della sedicente odierna sinistra non hanno certo letto, affrontando la vita con il pessimismo della ragione e l’ottimismo della volontà.
Ne consegue che me lo fa fare la consapevolezza che, non so quando né esattamente come, ma è sicuro che quest’Isola può pulire le sue sentine, arrestare la sua deriva, e riprendere una rotta decente.